L’Europa si desti
Come in passato, la sconfitta diventi un’occasione per raddrizzare la schienadi Alessandra Servidori - 03 giugno 2005
In troppi in Italia – e ciò che più stupisce, autorevoli commentatori – hanno una memoria storica piuttosto indebolita e molto condizionabile dagli eventi.
Giudizi devastanti hanno accompagnato il risultato della tornata referendaria nella quale gli elettorati di Francia e Olanda si sono pronunciati in maniera netta contro la ratifica della Costituzione europea. Ma in democrazia il popolo è sovrano anche quando sbaglia. Tocca ai Governi prendere atto di questo voto e adottare le contromisure necessarie, specie nel campo dell’economia e dei mercati finanziari, perché lì – non altrove – si avvertiranno le reazioni al disordine istituzionale della Ue. Anche le situazioni traumatiche e le sconfitte, se ben interpretate, possono trasformarsi, però, in occasioni per andare avanti.
Vogliono rimettere le mani sulla moneta per poter ricorrere nuovamente alla pratica delle “svalutazioni competitive”? Si propongono forse di tornare a quelle politiche di deficit spending che hanno regalato ai nostri figli un carico di debito pubblico che angustierà il loro futuro? Intendono ripristinare i dazi sulla produzione cinese, anche a costo di rinunciare per sempre alla penetrazione in un mercato che già adesso ha un numero di potenziali consumatori di prodotti di livello europeo più elevato di quanti non ve ne siano in Europa? E, di grazia, che colpa ha la moneta unica – la quale ha garantito stabilità e consentito all’Italia di non essere travolta dai marosi economici degli ultimi anni – nel declino dell’apparato produttivo del paese?
Ci ha pensato Antonio Fazio a ricordare ad una classe dirigente sorda, con la testa infilata nelle urne elettorali (come ha affermato Luca di Montezemolo), che “i primi segnali della difficoltà competitiva del nostro settore industriale si sono manifestati nella seconda metà degli anni novanta”. Tra il 1995 e il 2000 l’incremento della produttività totale dei fattori del settore manifatturiero è stato pressoché nullo; tra il 2000 e il 2004 la produzione industriale è diminuita del 3,8%. La competitività nei confronti dell’estero si conferma come il punto di nostra maggiore debolezza. Tra il 2000 e il 2004 – è sempre il Governatore a parlare – lo sviluppo della domanda mondiale di beni è stato, in termini reali, del 20%. Le nostre vendite all’estero nel 2004 sono risultate inferiori a quelle del 2000. La quota sul mercato mondiale, pari al 4,6% nel 1995, è scesa, calcolata a prezzi costanti, al 2,9% l’anno scorso. Da una situazione siffatta non si esce rinchiudendosi in una logica di autarchia europea (o, peggio, nazionale), ma accettando apertamente le sfide. Solo gli struzzi sono convinti di potersi sottrarre ad una realtà che crea loro dei problemi, nascondendo la testa sotto la sabbia.
L'EDITORIALE
DI TERZA REPUBBLICA
Terza Repubblica è il quotidiano online fondato e diretto da Enrico Cisnetto nato nel 2005 dall'esperienza di Società Aperta con l'obiettivo di creare uno spazio di commento indipendente e fuori dal coro sul contesto politico-economico del paese.