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Italia, Francia, Germania: chi è più malato?

L’Europa in cerca d’autore (politico)

Paesi diversi, con storie diverse, ma dai sintomi comuni di una crisi generale nell’Ue

di Davide Giacalone - 03 maggio 2006

Cerchiamo di non affogare nello stagno di casa, cerchiamo d’imparare da quello che succede altrove. In Francia la crisi del sistema politico è di proporzioni preoccupanti. Alle scorse elezioni presidenziali i francesi si mostrarono traumatizzati nel vedere arrivare Le Pen, rappresentante dell’estrema destra, al ballottaggio, con i socialisti che si erano autodistrutti. Il presidente uscente rifiutò ogni dialogo con lo sfidante che la democrazia gli aveva dato, e naturalmente vinse, ma lo choc rimaneva. Adesso si preparano ancora le presidenziali, fra scandali e sommosse di piazza. Nel frattempo l’intera classe dirigente, a cominciare dal presidente, ha perso il referendum sulla costituzione europea, ed il governo ha dovuto ritirare la legge sui contratti di primo impiego, smentendo De Villepin e cedendo alle proteste dei ricchi e garantiti.
In Germania il pareggio elettorale di crisianodemocratici e socialdemocratici ha mostrato l’incapacità del sistema politico di presentare agli elettori una prospettiva, una visione del mondo trascinante. Dopo le elezioni è prevalso il realismo, la saggezza, lungi dal continuare il duello fuori tempo massimo si è preso atto della necessità di una grande coalizione, ma, attenzione, ben diversa da quella che aveva portato, a suo tempo, i socialdemocratici al governo. Non è una formula che apre nuove prospettive, serve solo a governare il presente.
Dell’Italia di oggi abbiamo già scritto. Se Paesi diversi, con storie diverse e diverse classi politiche si trovano a condividere i sintomi di un visibile disfacimento politico è evidente che le cause vanno cercate fuori dalla contingenza, fuori dalla cronaca dei battibecchi e degli insulti. Quello che è messo in discussione è il nostro modello sociale, l’idea di una politica che utilizza la crescita del benessere per redistribuirne, mediante la spesa pubblica, gli effetti e, in questo modo, accrescendo la base del consenso. I nostri Paesi non hanno ancora fatto veramente i conti con la globalizzazione dei mercati, le classi politiche ragionano come se il governo fosse ancora un orto chiuso, di cui regolare gli scambi con l’esterno, ma le cui variabili sono sotto controllo, l’opinione pubblica ha ancora un atteggiamento rivendicativo coerente con quel che la politica trasmette. Solo che tutto questo è incoerente con la realtà, provocando tensioni, scontri, fughe in avanti ed impossibili arroccamenti.
La politica europea è in cerca del suo autore e le politiche nazionali brancolano nel buio, esaltando vizi e virtù di ciascuno. E’ questa la ragione per cui la politica estera inequivocabilmente atlantica del governo Berlusconi è il capitolo meglio scritto dei cinque anni a palazzo Chigi.

www.davidegiacalone.it

Pubblicato su Libero del 3 maggio 2006

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