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Dietro il disegno del partito unico

L’eredità promessa del Cavaliere

In pochi hanno capito che la rinuncia alla leadership è l’ennesima bufala berlusconiana

di Enrico Cisnetto - 31 maggio 2005

Casini, Follini, Tabacci, Fini, La Russa. Persino una vecchia volpe come De Michelis. E poi Montezemolo, o addirittura Barilla. Possibile che ci caschino tutti? Tant’è, con chiunque parli del centro-destra, o tra le personalità esterne alla politica ma in qualche modo “in odore di”, ci fosse uno che l’ha capita: Berlusconi non ha e non vuole avere eredi. Per il semplice motivo che non ha nessuna intenzione, ma proprio nessuna, di mollare la presa. Eppure il Cavaliere, nella sua furbizia, è un uomo lineare, perchè le balle le racconta – eccome se le racconta! – sempre allo stesso modo: “vendere” a tutti quello che in realtà non è affatto in vendita. E’ pieno il mondo di gente che ancora aspetta ciò che il Berlusca ha promesso, eppure tutti ci cascano sempre, come pere cotte.

Adesso sta facendo credere, con meravigliosi stop and go degni di un artista, che se si fa il partito unico lui è pronto a lasciare le redini del governo e magari anche del partito (unico), naturalmente dopo “democratica” consultazione. Suvvia, il vero Berlusconi è quello di Ballarò il giorno dopo la sconfitta alle Regionali, quando diceva “ho perso per colpa dei miei alleati” (quelli candidati alla successione, figurati un po’) e prometteva “se torno in campo io ribalto la situazione”. Lui, nel suo narcisismo, a queste cose ci crede davvero, e all’adrenalina della gara con Prodi (o chi per lui) non rinuncia neanche morto.

Certo, poi il Cavaliere è persona con la testa sul collo, che rischia ma non azzarda, e dunque è pure possibile che una volta in prossimità delle Politiche – diciamo un mese prima , via – se vede che tutti i sondaggi gli sono contro senza scampo, allora è probabile che piuttosto che farsi trucidare, trovi una scusa per mollare ad altri (Letta) la patata bollente. Ma solo quando nessun altro farebbe in tempo a subentrargli organizzando la controffensiva. Insomma, il concetto è: se si vince, vinco io, se si perde, perde qualcun altro.

Allora, se così stanno le cose – e stanno davvero così – perchè gli esponenti del centro-destra che hanno maturato un legittimo (e opportuno, più che opportuno) desiderio di autonomia, continuano a credere all’inesistente eventualità che il candidato premier nel 2006 possa essere qualcuno che non si chiami Berlusconi Silvio?

Misteri gaudiosi della Seconda Repubblica.

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Terza Repubblica è il quotidiano online fondato e diretto da Enrico Cisnetto nato nel 2005 dall'esperienza di Società Aperta con l'obiettivo di creare uno spazio di commento indipendente e fuori dal coro sul contesto politico-economico del paese.