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Le priorità della Grosse Koalitione

L’Agenda per le riforme

Larghe intese non come palliativo per una legge elettorale. La posta in gioco è più alta

di Enrico Cisnetto* - 26 febbraio 2007

Caro Direttore, eccoti servito un decalogo di grandi scelte contro i “12 punti di Prodi”. Si tratta dell’agenda del governo di Grande Coalizione – irresponsabilmente ignorato nonostante il “pareggio” decretato dagli italiani alle elezioni politiche, ma che ora sarebbe davvero criminale non far partire dopo la caduta del governo Prodi – che noi terzisti vorremmo non semplicemente per andare alle elezioni con un’altra legge elettorale, ma per chiudere definitivamente una stagione politica (la Seconda Repubblica) durata fin troppo e per aprirne una nuova (la Terza Repubblica) basata su un sistema politico, su regole condivise e su una classe dirigente all’altezza delle sfide di cambiamento che ci attendono. Ecco il decalogo non necessariamente in ordine di importanza: 1) confermare tutti gli impegni internazionali assunti in chiave di solidarietà atlantica e di lotta al terrorismo; 2) trasformare radicalmente la Finanziaria, riconducendola a pura legge di bilancio; 3) attuare un intervento straordinario, una tantum, sul debito pubblico (secondo lo schema Guarino); 4) fare la vera riforma delle pensioni (età minima 65 anni, libertà di proseguire a lavorare, parificazione uomo-donna); 5) varo di un progetto di politica industriale per la trasformazione dell’assetto produttivo (secondo lo schema francese dell’Agenzia per lo sviluppo); 6) impegno straordinario per la realizzazione di infrastrutture (Tav europea, passante di Mestre) e impianti (3 rigassificatori, propedeutici ad un nuovo piano energetico); 7) attuazione della legge Biagi, inserita, al pari della riforma previdenziale, nel quadro di un progetto di nuovo welfare; 8) preparazione di una radicale riforma della giustizia, penale e civile; 9) adozione di una nuova legge elettorale di stampo europeo, secondo il modello tedesco o francese; 10) convocazione di un’Assemblea Costituente per fermare la deriva localistica e ammodernare le regole comuni. Troppo? Troppa ambizione? Può darsi. Ma non ha senso, in un Paese che di tempo ne ha già sprecato tanto, fare un governo di larghe intese – il quale non può che far perno sulle componenti moderate e riformatrici di entrambi gli attuali schieramenti ed escludere a priori la sinistra massimalista e la destra populista – semplicemente per quella manciata di mesi che servono a varare le nuove regole elettorali. No, la posta in gioco è più alta, e bisogna dare tempo e modo al governo di Grande Coalizione di far maturare una vera e propria svolta nelle modalità della politica.

*Presidente di Società Aperta

Pubblicato su L"Indipendente del 24 Febbraio

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