Settimana calda
Italia terra di conquista, non solo straniera
Processi come quello del Gruppo PSC, possono rilanciare il capitalismo italiano e renderlo competitivodi Enrico Cisnetto - 17 maggio 2013
Il rischio-paese è alto, ma l’Italia agli occhi del mondo appare sempre più come una terra di conquista. Le imprese, schiacciate tra la crisi e la demotivazione degli imprenditori, sono sul mercato. E molti pensano di poter fare affari comprando cose buone a quattro soldi. Si dice siano sostanzialmente tre le tipologie dei potenziali acquirenti: i grandi gruppi asiatici (giapponesi, corani, singaporeani), che comprano quote sia di maggioranza che di minoranza di aziende grandi; i cinesi, che prima comprano la produzione e poi diventati clienti decisivi se non unici prendono le aziende (anche medie e medio-piccole) e le portano in Cina; i fondi anglo-americani, che investono nel modo classico del private equity. È un bene (arrivano capitali stranieri) o un male (ci portano via le nostre capacità produttive)? Diciamo, pragmaticamente, che così è, e che l’unica inutile da fare è recriminare.
A questo fenomeno si può reagire in due soli modi: o assecondarlo, creando strumenti adatti a far coincidere domanda e offerta, o combatterlo sul suo stesso terreno, creando in Italia tra italiani le condizioni di integrazione fra aziende e di capitalizzazione che il denaro estero, sia esso finanziario che industriale, è in gradi di produrre. Parlo naturalmente dei fondi italiani – sia quelli privati che i pubblici, a cominciare dal Fondo Strategico di Cdp – ma pure degli imprenditori. Almeno di quelli cui è chiaro che nell’ideogramma cinese che identifica la parola “crisi” siano contenuti anche i simboli del concetto di “opportunità”. La crisi, infatti, può rivelarsi il miglior viatico perché il capitalismo italiano possa superare i suoi consolidati colli di bottiglia.
Ho già segnalato in questo spazio qualche esempio. Oggi ne faccio un altro: il gruppo PSC della famiglia Pesce, leader nazionale nell’impiantistica tecnologica delle grandi infrastrutture, ha deciso di rilevare, per il tramite di un previo affitto di ramo d’azienda, la Aertermica, società bresciana dello stesso settore (40 milioni di fatturato, 105 occupati) finita in concordato preventivo, e ha acquisito la maggioranza nella IT Core, società con 35 dipendenti specializzata nelle reti TLC. Con queste due operazioni PSC diventa fornitore globale per reti ed impianti e supera i 100 milioni di fatturato. E, soprattutto, si rafforza in vista di possibili ulteriori acquisizioni (negli ambienti bancari si parla con insistenza di un interessamento verso Sirti) con l’obiettivo di costituire un polo di stazza europea. Cosa che se non fanno i fratelli Pesce, farà qualcuno con altro passaporto.
A questo fenomeno si può reagire in due soli modi: o assecondarlo, creando strumenti adatti a far coincidere domanda e offerta, o combatterlo sul suo stesso terreno, creando in Italia tra italiani le condizioni di integrazione fra aziende e di capitalizzazione che il denaro estero, sia esso finanziario che industriale, è in gradi di produrre. Parlo naturalmente dei fondi italiani – sia quelli privati che i pubblici, a cominciare dal Fondo Strategico di Cdp – ma pure degli imprenditori. Almeno di quelli cui è chiaro che nell’ideogramma cinese che identifica la parola “crisi” siano contenuti anche i simboli del concetto di “opportunità”. La crisi, infatti, può rivelarsi il miglior viatico perché il capitalismo italiano possa superare i suoi consolidati colli di bottiglia.
Ho già segnalato in questo spazio qualche esempio. Oggi ne faccio un altro: il gruppo PSC della famiglia Pesce, leader nazionale nell’impiantistica tecnologica delle grandi infrastrutture, ha deciso di rilevare, per il tramite di un previo affitto di ramo d’azienda, la Aertermica, società bresciana dello stesso settore (40 milioni di fatturato, 105 occupati) finita in concordato preventivo, e ha acquisito la maggioranza nella IT Core, società con 35 dipendenti specializzata nelle reti TLC. Con queste due operazioni PSC diventa fornitore globale per reti ed impianti e supera i 100 milioni di fatturato. E, soprattutto, si rafforza in vista di possibili ulteriori acquisizioni (negli ambienti bancari si parla con insistenza di un interessamento verso Sirti) con l’obiettivo di costituire un polo di stazza europea. Cosa che se non fanno i fratelli Pesce, farà qualcuno con altro passaporto.
L'EDITORIALE
DI TERZA REPUBBLICA
Terza Repubblica è il quotidiano online fondato e diretto da Enrico Cisnetto nato nel 2005 dall'esperienza di Società Aperta con l'obiettivo di creare uno spazio di commento indipendente e fuori dal coro sul contesto politico-economico del paese.