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Nuovi sviluppi in un conflitto senza fine

Iraq, dal Pentagono decisioni drastiche

Le trattative rivelano la stanchezza Usa a continuare a combattere

di Antonio Picasso - 27 giugno 2005

La guerra in Iraq, veramente un brutto affare per Bush. Per questo pare che Washington abbia preso delle decisioni sensazionali. Vale a dire cominciare delle trattative con i terroristi. Perché così non si può andare avanti. La notizia è stata rivelata da Hala Jaber, sul Sunday Times di domenica 27 giugno. È l’ammissione di colpa da parte di una superpotenza che si è impelagata in un ginepraio dal quale non sa come uscire? Non è da escludere. Gli Usa si aspettavano, ingenuamente, di entrare in Iraq, abbattere il regime di Saddam e metter su una democrazia a immagine e somiglianza di quella americana. Così non è stato. Quindi, dopo due anni di scontri, costati al Pentagono più di 1700 vittime, si pensa di mettere tutto a posto con un compromesso. Tuttavia, Ennio Caretto sul Corriere della Sera sottolinea che non si può parlare di veri e propri negoziati. Ma il cambio di rotta è diventato urgente. Non a caso interviene oggi il Primo ministro iracheno, Ibrahim Al-Jaafari, sul Times, ritornando sulla proposta di un piano Marshall per il suo paese. Un progetto di non facile attuazione, ammette Al-Jaafari, però è obbligatorio che l’Occidente si renda conto della drammaticità degli ultimi eventi. La ultime tre generazioni di iracheni sono cresciute sotto una dittatura. Caduta questa, è subentrato un periodo di violenze e terrore sine die. Questo è il prezzo che l’Iraq sta pagando per la sua democrazia. Una lotta che, invece, tutto il mondo dovrebbe fare sua, per la pace e la sicurezza dell’umanità. Ma forse qualcosa si muove. L’Unione europea, infatti, ha pubblicato un rapporto sulle proprie relazioni con l’Iraq, prima e dopo Saddam.

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