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Rafsanjani, ayatollah moderato, sembra favorito

Iran, l'elezione dei giovani

L’economia costringe gli ayatollah alle partnership, ma un ammorbidimento del regime sembra sempre meno probabile

di Pascal Carlucci - 16 giugno 2005

Domani, 17 Giugno 2005, i cittadini iraniani si recheranno alle urne per votare il nuovo presidente. C’è molta attesa per questa elezione visto che è la prima elezione presidenziale dopo l’11 Settembre. L'Iran è attualmente il Paese più importante del quadrante mediorientale. Il programma nucleare è solo la punta dell'iceberg delle grande potenzialità di questo Paese. Analizzare l'Iran concentrandosi solo sulla sicurezza sarebbe un grave errore. Gli Stati Uniti, nel secondo mandato di Bush, hanno messo l'Iran al primo posto tra gli "stati canaglia", ma la pressione che essi stanno applicando su questo Paese potrebbe essere in futuro controproducente.

L'Iran si presenta all'appuntamento con le elezioni come un Paese dove le università stanno riempiendo, mano a mano, il Paese, in particolare le università femminili. Le donne, da quando c'è stata una maggiore liberalizzazione del regime, stanno occupando posti di prestigio e giocano un ruolo centrale nello sviluppo del Paese. Secondo Foreign Policy la università femminili stanno superando in numero quelle maschili. L'educazione e l'alta percentuale di popolazione giovane del Paese sono i fattori che indicano che l'Iran arriverà da solo alla propria democratizzazione. Sebbene ci siano molte università, i posti di lavoro scarseggiano e i giovani sono sempre più costretti ad emigrare o ad essere impiegati in lavori non corrispondenti alle loro abilità professionali. La mancanza di stimoli e di valvole di sfogo da parte dei giovani preoccupa parecchio gli ayatollah. Un regime politico che non ha l'appoggio dei giovani non ha futuro. Un ulteriore fattore di instabilità è la diffusione di internet. Giorno dopo giorno gli studenti iraniani navigando per internet vengono a conoscenza di ciò che accade nel mondo e si confrontano con i loro coetanei negli Stati Uniti e in Europa. L'elettorato giovanile in Iran ammonta al 70% dei votanti.

L'educazione, l'emancipazione delle donne e la diffusione di nuovi strumenti di comunicazione, non impediscono agli ayatollah di tenere il Paese sotto controllo. Malgrado alcune timide riforme, le dinamiche del potere non sono cambiate. Gli otto candidati alle elezioni presidenziali sono stati scelti dal "Guardian Council" su una lista di un migliaio di nomi. Quest'ultimo dato dà esattamente l'idea di quello sta succedendo in Iran. Il governo sta frenando un popolo che si sta modernizzando in tempi più rapidi di quanto previsto.

La pressione, tuttavia, non viene solo dall'interno. Gli Stati Uniti stanno cercando di creare una rete internazionale per isolare Tehran. Ideologicamente l'Iran rappresenta tutto quello che gli Stati Uniti non vogliono vedere in Medioriente: un Paese teocratico in grado di sviluppare l'arma nucleare. Tuttavia c'è da domandarsi se un Paese che ha investito così tanto nell'educazione, al contrario dell'Irak di Saddam, sia propenso a sacrificare quanto fatto fino ad ora. Secondo quanto sta accadendo nel Golfo Persico è da mettere in dubbio una "first strike policy" da parte di Tehran. Questo non significa che nella visione strategica di Washington, un Paese teocratico con l'arma nucleare non complichi il puzzle mediorientale. I rapporti arabo-persiani sono, per motivi strategici, in una fase di distensione. Il piano di Dubai come world-gateway attira anche l'Iran. La florida attività economica degli Emirati Arabi non può lasciare indifferente "l'altra sponda" del Golfo Persico.

Ciò che più preoccupa dell'Iran è la questione petrolifera. Gli Stati Uniti stanno cercando di isolare il mercato iraniano dai partner internazionali. La Cina, sapendo che l'Iran aveva tutto l'interesse ad avere un partner economico che sedesse nel Consiglio di Sicurezza ha firmato un accordo commerciale per aggiudicarsi parte dell'output di gas liquido prodotto in Iran. Secondo lo sviluppo degli impianti di trasporto di greggio e di gas, l'Iran rientra nella "west move" cinese. Il consumo dell’output interno di petrolio ammonta già al 40% del totale. Se il consumo, come previsto, aumenterà nei prossimi anni, Tehran sarà costretta ad avere una maggiore compliance con partner internazionali perché godrà meno dei ricavi dell'oro nero.

Chi sono i due maggiori candidati alla Presidenza?

Ali Akbar Hashemi Rafsanjani
Riformatore o riformista? Si presenta come il candidato che presenterà riforme graduali e che può ottenere consenso dei cittadini e dell'establishment. Non ha caratteristiche peculiari. Con lui al governo la situazione rimarrà la stessa con promesse di maggiori riforme soprattutto riguardo le libertà. Una sua vittoria sarà l'indicatore che l'Iran cambierà più lentamente ma ad un ritmo costante.

Mustafa Moin
Riformista. Ex Ministro dell'Educazione. Portatore di riforme, gode dell'appoggio di un'ampia fetta dell'elettorato giovanile. Vuole la liberazione degli oppositori politici e vuole ristabilire i rapporti diplomatici con Washington.

Il risultato delle elezioni di domani risulta ancora incerto. Non è esclusa una vittoria di un outsider della lista degli otto. Questa elezione sarà comunque un ottimo barometro della geopolitica mediorientale.

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