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Public Policy

La missione di Monti

Iniquo e breve

Prima e dopo il Consiglio europeo

di Davide Giacalone - 07 dicembre 2011

Fra le cose più stupide che si possono pensare, dire e scrivere vi è sia quella secondo cui i mercati avrebbero promosso il decreto governativo (prima che fosse emanato), sia la supplica che quelle misure siano più eque. Sono due proiezioni oniriche dell’incapacità a comprendere quel che succede. Anzi, se il Consiglio europeo di giovedì e venerdì dovesse concludersi in modo equivoco, per non dire negativo, prepariamoci alla reazione speculativa, del resto già anticipata da Standard e Poor’s, che ha messo per iscritto la ragione della crescente inaffidabilità dei debiti sovrani europei: l’incapacità di decidere, la debolezza istituzionale dell’eurozona. Quel che noi sosteniamo da mesi (e non ci voleva molto, mentre ce ne vuole a non prenderne atto).

La missione del governo Monti non è l’equità, ma la reazione alla speculazione e il far cadere l’alibi (falso) che l’Italia sia la causa dei mali europei. Se fosse in grado d’impostare una politica equa e pluriennale, di riequilibrio dei conti e superamento delle arretratezze istituzionali interne, ciò equivarrebbe alla dichiarazione di definitiva inutilità delle forze politiche e della rappresentanza elettiva. Ci pensino, quelli che chiedono a Monti ciò che non sono in grado di fare. E neanche di dire. I mercati, del resto, non hanno “promosso” un bel nulla, hanno preso atto della reazione e caricano la molla in attesa del vertice europeo (un anno fa, quando avevamo gli stessi identici debiti, lo spread con i bund tedeschi navigava attorno ai 150 punti base, non dobbiamo essere promossi noi, ma l’euro) Se non si concluderà in modo netto si ricomincerà a ballare, ad un ritmo forsennato.

Contiamo che la ragionevolezza prevalga, ma deve affermarsi in sede europea e collegiale, altrimenti il resto è inutile. S&P sviluppa un ragionamento elementare: se l’eurozona non è in grado di rispondere agli attacchi, dopo avere dissanguato i popoli, dai greci agli italiani, vedrà saltare le banche che tengono in pancia i titoli di quei debiti, a quel punto saranno nazionalizzate da francesi e tedeschi, i cui debiti non meriteranno più d’essere considerati sicuri. Nulla di geniale o segreto, ma terribilmente ovvio. La risposta è attesa nel fine settimana.

Le prime avvisaglie non sono confortanti, dato che la premiata ditta Sarkel sembra attestarsi su quel che un tempo rifiutò: le sanzioni automatiche per chi supera il deficit del 3%. Quando lo fecero loro (e la Francia ancora lo fa) vollero cancellare le penalità. Non basta, perché la sostenibilità del debito non deriva solo dal non lievitare, ma si accompagna alla necessità di vedere crescere la ricchezza prodotta. Noi siamo in avanzo primario, quindi andiamo bene, ma debolissimi sull’altro corno del dilemma: un debito al 120% non è gestibile in una valuta che non si governa, e se i tagli e le tasse rassicurano i contabili della speculazione accrescono anche la recessione, rendendo insostenibile il debito stesso. E’ un meccanismo lineare.

Perché non si trasformi in una macchina di tortura è necessario mettere mano alle riforme per lo sviluppo, non invocare equità nel far cassa. Mettiamo che vada bene, come spero e credo (non oso immaginare il contrario). La mattina dopo noi saremo alle prese con quel problema, e dovremo deciderci: o la politica si squaglia, consegnando la terapia ai tecnici e, quindi, accettando il rischio che la posologia risponda più agli interessi di altri (francesi e tedeschi) e delle banche che a quelli nazionali, oppure si ritiene che le riforme competano al Parlamento, sicché si corre ad eleggerne uno che non sia, come questo, commissariato.

Il governo Monti ha fatto quel che è stato chiamato a fare, se le forze politiche maggiori non se ne rendono conto è segno di cronica deficienza. Il suo dovere è proprio quello d’essere iniquo, perché immediato. Ma tutto deve essere visto alla luce di questo fine settimana. Mi rendo conto di sembrare un disco rotto, ma se si perde l’orizzonte europeo non si è minimamente in grado di calibrare le misure interne e di non buttare dalla finestra i soldi estorti agli italiani. Perché questo è il rischio che corriamo.

L’attuale governo sia iniquo quanto crede, cercando, come nel caso delle pensioni, di colpire anche dove si sarebbe già dovuto fare (è in ciò il fallimento del governo Berlusconi). Il fatto è che dovrebbe durare il meno possibile, ove mai ancora esista vita sul pianeta della politica. Ove mai quella vita abbia ancora a cuore la sovranità nazionale.

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