Il "Palazzo" rischia di bruciare in un'immane autodafe'
Incapaci anche di scegliere
Una "Seconda Repubblica" abbandonata a un'irreversibile agoniadi Angelo Romano - 17 ottobre 2011
La cosiddetta "Seconda Repubblica" che, per fortuna degli italiani, è in irreversibile agonia, è stata connotata da un aspetto finora poco esplorato e messo a fuoco: l’incapacità di scegliere.
Mai, nella storia repubblicana, un oligarchia al potere si era accordata il privilegio di poter poter scegliere tutta la classe dirigente: dai “commis” di Stato, ai manager della Sanità, dai Consigli di amministrazione della miriade di “partecipate” ai Direttori degli Enti culturali, dai Sindaci, ai Presidenti Regione e di Provincia, dai Senatori ai Deputati.
Se i pochi “decisori” avessero avuto almeno la capacità di scegliere, nonostante le tante professioni di fede nella meritocrazia, non saremmo nelle tristi condizioni in cui ci troviamo, Governo e Parlamento non sarebbero ostaggio degli Scilipoti, dei Milo, dei Pisacane e dei tanti transumanti da un partito all’altro, dei tanti fondatori di Gruppi parlamentari che alcun nesso hanno con il corpo elettorale.
Se almeno avessero saputo scegliere, avrebbero dovuto avere dei servitori fedeli come gli scendiletto e non sarebbe potuto accadere che leader storici e carismatici fossero abbandonati, da un giorno all’altro, da colonnelli e truppe, che Capipopolo giustizialisti si ritrovassero “giustiziati” da insospettabili “saltatori della quaglia”, che gli epigoni del centralismo democratico si trovasssero ad insultare e bacchettare un manipolo di riottosi radicali, che dal “cerchio magico” si scagliassero fulmini contro il dissenso, che un Cavaliere dimezzato dovesse far mercimonio di incarichi di governo.
Eppure la prima e più elementare virtù che si richiede alla politica è proprio la capacità di scegliere, possibilmente per il bene di tutti. Ma spunti di sagacia, di volontà di autocorrezione, non se ne vedono, neanche nello scegliere di che morte morire.
Il “Palazzo” rischia di bruciare in un’immane autodafè, di essere travolto dalla crescente e “santa” rabbia degli “indignati”, chiamati a pagare per le colpe degli intoccabili banchieri, dai duri colpi dei “rottamatori”, dalle prediche dei Savonarola anticasta, ed il sogno di una Terza Repubblica, riformata, civile e illuminata si fa più lontano. Ognuno resta abbarbicato alla sua poltrona, al suo posto nel Palazzo, dall’Amministratore al portiere, incapace persino di scegliere un pompiere.
Mai, nella storia repubblicana, un oligarchia al potere si era accordata il privilegio di poter poter scegliere tutta la classe dirigente: dai “commis” di Stato, ai manager della Sanità, dai Consigli di amministrazione della miriade di “partecipate” ai Direttori degli Enti culturali, dai Sindaci, ai Presidenti Regione e di Provincia, dai Senatori ai Deputati.
Se i pochi “decisori” avessero avuto almeno la capacità di scegliere, nonostante le tante professioni di fede nella meritocrazia, non saremmo nelle tristi condizioni in cui ci troviamo, Governo e Parlamento non sarebbero ostaggio degli Scilipoti, dei Milo, dei Pisacane e dei tanti transumanti da un partito all’altro, dei tanti fondatori di Gruppi parlamentari che alcun nesso hanno con il corpo elettorale.
Se almeno avessero saputo scegliere, avrebbero dovuto avere dei servitori fedeli come gli scendiletto e non sarebbe potuto accadere che leader storici e carismatici fossero abbandonati, da un giorno all’altro, da colonnelli e truppe, che Capipopolo giustizialisti si ritrovassero “giustiziati” da insospettabili “saltatori della quaglia”, che gli epigoni del centralismo democratico si trovasssero ad insultare e bacchettare un manipolo di riottosi radicali, che dal “cerchio magico” si scagliassero fulmini contro il dissenso, che un Cavaliere dimezzato dovesse far mercimonio di incarichi di governo.
Eppure la prima e più elementare virtù che si richiede alla politica è proprio la capacità di scegliere, possibilmente per il bene di tutti. Ma spunti di sagacia, di volontà di autocorrezione, non se ne vedono, neanche nello scegliere di che morte morire.
Il “Palazzo” rischia di bruciare in un’immane autodafè, di essere travolto dalla crescente e “santa” rabbia degli “indignati”, chiamati a pagare per le colpe degli intoccabili banchieri, dai duri colpi dei “rottamatori”, dalle prediche dei Savonarola anticasta, ed il sogno di una Terza Repubblica, riformata, civile e illuminata si fa più lontano. Ognuno resta abbarbicato alla sua poltrona, al suo posto nel Palazzo, dall’Amministratore al portiere, incapace persino di scegliere un pompiere.
L'EDITORIALE
DI TERZA REPUBBLICA
Terza Repubblica è il quotidiano online fondato e diretto da Enrico Cisnetto nato nel 2005 dall'esperienza di Società Aperta con l'obiettivo di creare uno spazio di commento indipendente e fuori dal coro sul contesto politico-economico del paese.