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Traghettiamo l'Italia oltre l'immobilismo

In pentola bolle solo brodaglia

Prendiamo atto che la legislatura è finita. Inutilmente trascorsa

di Davide Giacalone - 20 gennaio 2011

Quel che bolle nel pentolone Italia fa schifo. C’è chi se ne compiace, chi ne sniffa a piene nari il vapore peso e unto. I pezzi che galleggiano e s’immergono nella broda mi ricordano il peggio. E’ una malattia profonda, un’infezione cronica, una debolezza culturale ed etica del nostro centocinquantenario mondo. Quel pentolone va rovesciato, prendendo atto che la legislatura è finita. Inutilmente trascorsa. Se non si amputa va in cancrena il resto. Per cercare di discernere i torti dalle ragioni occorre affidarsi ai ricordi. Gli olezzi odierni non lo consentono.

Il moralismo mi sta sul gozzo, è un paravento di porcherie. Ritengo che ciascuno possa fare quel che gli pare, nel rispetto della decenza e della volontà altrui. La decenza è importante: abbiamo il diritto di assolvere ai nostri bisogni, non quello di farlo stando sul terrazzo. La rassegna di fanciulle frequentanti la casa di Silvio Berlusconi non ha ancora presentanto una sola Cosette (I Miserabili, Victor Hugo, se non lo avete letto prendetevi il lusso e la gioia di farlo). Ma non è questo il punto. Il fatto è che a me, laico, i capi politici dediti alla genuflessione papalina hanno fracassato l’anima con predicozzi sul valore sacro della famiglia, salvo poi farsene diverse o abbandonarsi al lenocinio. Dire una cosa e farne un’altra non è un buon costume. Eppure si può sopportare, perché davanti ad una sinistra che s’accodò al fascistissimo giustizialismo manettaro era opportuno e saggio puntare su chi diceva di volere cambiare la nostra giustizia.

La peggiore del mondo civile, e anche di quello scarsamente civilizzato. Ma anche questa legislatura è andata sprecata, ancora una volta abbiamo in mano i cocci delle barricate personali. Non userò mai il latinorum dei vili (modello “par condicio” o “ad personam”), preferisco l’italiano schietto: il centro destra ha fallito.

Nel pentolone, però, vedo anche di peggio. C’è un’Italia che non è solo infingarda e goldonesca, ma cattiva e rabbiosa. In quelle vene scorre un veleno letale: ritenere necessario far vincere il “giusto”, far prevalere il “buono”. E siccome quell’Italia considera l’Italia degli altri, maggioritaria, la sentina d’ogni miseria giudica legittimo qualsiasi mezzo pur di prevalere. Oggi si declina così: Berlusconi è il male, è l’incarnazione dell’Italia peggiore, continua a prendere più voti degli altri, proprio perché in lui si specchia il cialtronismo congenito del nostro Paese, quindi è bene, è giusto, è sano farlo fuori, cancellarlo, toglierlo di torno. Con ogni mezzo. Ecco, rispetto a questo modo di pensare, che veste i panni del killer perbenista, dello zoticume acculturato, del pensoso dissennato, ogni immoralità e impotenza della parte avversa non fa che ricordare il mondo debosciato e cinico che si trova nei versi di Giuseppe Gioacchino Belli. Preferibile, quasi bello.

Non so quale esito avrà l’ennesima inchiesta giudiziaria su Berlusconi. Penalmente parlando, nessuna. Per il resto, si vedrà. So che contemporaneamente i pentiti di mafia lo ridipingono come mandante delle stragi e che, alla fine, ne uscirà distrutta la magistratura. L’idea stessa che esista una cosa chiamata “giustizia”.

L’Italia si riduce a queste miserie quando perde cognizione di sé, quando s’assopisce nel consumo e smarrisce dignità. Quando non riesce ad immaginare un futuro che sappia competere con il passato. Sicché quel pentolone va rovesciato, le elezioni vanno messe nel conto. Anche perché le cose sono due: o non si fa il federalismo, e allora la Lega stacca la spina, o si fa il federalismo, e la Lega la stacca dopo. In ogni caso non è possibile che a tenere insieme la legislatura sia solo la paura: quella della maggioranza di non essere più tale, quella dell’opposizione di non avere nulla da dire agli elettori, quella del terzo polo di rivelarsi una bolla mediatica.

Lo scrivo dal giugno del 2009: non è successo nulla d’imprevisto, la legislatura s’è consumata nel nulla per ragioni ampiamente prevedibili e anticipate. I tattici senza strategia, quelli che calcolano più i dispetti che le convenienze, quelli che scimmiottano il linguaggio costituzionale nel mentre assecondano lo scempio della Costituzione, non hanno ben presente quali pericoli corriamo. E, del resto, non ebbero mai senso dello Stato, visto che crebbero a una cultura cui lo Stato faceva senso.

La differenza, alla fine, è una sola: votare per propiziare riforme costituzionali, altrimenti impossibili, magari presentando una classe dirigente non totalmente invertebrata, oppure votare per non passare i restanti anni della legislatura nell’immobilismo bordellante e inquisitorio, massacrandoci agli occhi del mondo e facendoci massacrare dall’europea sessione di bilancio.

Pubblicato da Libero

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