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Armi di irresponsabilità di massa

(In)Giustizia italiana

Il problema non è fermarla ma farla funzionare bene

di Davide Giacalone - 22 aprile 2009

Il problema della giustizia italiana è farla funzionare, non fermarla. Ferma, lo è già, di suo. La scenetta, che ha per oggetto il terremoto, è orridamente tragica. Ci sono alte cariche dello Stato che ripetono, con tono severo: le inchieste vadano avanti, si accertino le responsabilità. Sempre immaginando un oscuro potere, una ramificazione affaristico-camorristico-mafiosa che voglia impedirlo. Vadano avanti? L’ospedale funzionava senza l’agibilità, dopo trenta anni di lavori per costruirlo, gli edifici pubblici erano stati individuati come pericolanti da un censimento vecchio di anni, nessuno ha fatto niente, non s’è aperta nessuna inchiesta. Ora, a L’Aquila, con gli edifici pubblici ridotti in macerie, non c’è nulla che possa andare avanti. Semmai, si deve cominciare.

Nel cominciare, però, si deve tenere presente che fra quanti reclamano chiarezza e punizioni ci sono quelli che sono stati ministri per anni e capi partito per una vita. E’ sensazionale come, dall’ultima lite di condominio fino alle alte vette dell’indignazione statale, per ciascuno la colpa sia sempre dell’altro. Sull’ospedale, per dirne una, il Parlamento già accertò l’irregolarità di quasi tutto, ma solo dopo il disastro la procura, l’ex presidente della Camera, l’attuale ed il capo dello Stato, hanno detto: si faccia chiarezza. Già fatto. Al massimo si deve, adesso, accertare la responsabilità penale, notoriamente personale, ma che quella sia una solare schifezza è già stato documentato. Solo che a nessuno di lor Signori importava.

La giustizia non funzionante e la scarsa attitudine morale sono divenute armi d’irresponsabilità di massa. Anche il “denunciare” s’è trasformato in rito, una specie di mestiere, indignandosi secondo convenienza, reclamando punizioni esemplari, sempre per gli altri. Così si comportano le alte cariche, così è fatta gran parte della cittadinanza: pronta a far la morale dopo aver praticato il suo opposto.
Si ricordi: ci sono terremoti che generano ricostruzioni eterne, con cittadini che assumono il ruolo di terremotati a vita, in quegli stessi luoghi le inchieste giudiziarie vanno avanti, ma senza decente conclusione. Pertanto, mi dissocio dal coretto inutile, non auspico che le inchieste vadano avanti, ma che si concludano. C’è bisogno di sentenze, non d’interviste.

Pubblicato da Libero di mercoledì 22 aprile 2009

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