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Accordo farsa

Illusione svizzera

Proposta: non facciamo nessun accordo ed esportiamo in Svizzera la classe dirigente tassaiola e spendacciona

di Davide Giacalone - 06 febbraio 2013

Qualcuno crede sia possibile tassare i soldi che gli italiani tengono in Svizzera, non accorgendosi che oramai, con la folle pressione fiscale raggiunta in Italia, conviene andarci a vivere, nella Confederazione elvetica, mica solo nasconderci i soldi. I quali soldi, del resto, se sono nascosti non risiedono in Svizzera e quindi, anche in caso di (improbabile) accordo non per questo verranno tassati.

Nel 2010, con lo scudo fiscale, si potevano prendere i soldi detenuti all’estero e riportarli in Italia, oppure lasciarli dove si trovavano e regolarizzarli. Costo dell’operazione il 5 o il 6%. Dopo di che si poteva scegliere di mantenere l’anonimato, oppure farli emergere e spenderli liberamente. Nel 2013 si pretenderebbe di lasciare i soldi in Svizzera, regolarizzarli pagando dal 20 al 40% (le idee sono così chiare che l’aliquota è leggermente ballerina), per poi pagare annualmente le tasse su quel che rendono. A fronte di questo costo, però, non puoi disporre liberamente dei soldi, perché se ti metti a spenderli arriva il redditometro e ti piomba addosso una verifica fiscale. E ti voglio vedere a spiegare l’arcano. Spenderli tutti in contanti, pagando amanti slave e incontrandole in Romania, può essere disagevole e faticoso. Tre anni fa, con il 5%, ottenevi molto di più che oggi, con il 40. Fatemeli conoscere, quelli che acconsentono, così provo a convincerli a seminare i dobloni e attendere che fruttino altre ricchezze.

Si dirà: ma non devono aderire, perché facciamo l’accordo con la Svizzera e li becchiamo con i fondi all’estero, i disgraziati. Sì, lallero! Sono mesi che se ne parla, e se ne parlerà ancora per molto, tempo nel quale i soldi o sono spiccioli, o appartengono ai morti (gli svizzeri sono specialisti nel nasconderli agli eredi e papparseli), oppure se ne sono andati o se ne andranno. Funziona così: l’inguattatore italico li aveva portati a Lugano, nascondendoli nelle mutande, così poteva parlare l’idioma natio con il cassiere; al momento del pericolo, però, quei soldi vengono affidati a una gestione, il che consente di parlare sempre in italiano con chi te li custodisce, ma aprendo un conto nella filiale estera della medesima banca; quindi, al momento dell’accordo fra i due stati, il cliente va a prelevare comunque in Svizzera, ma i soldi si trovano a svernare ai tropici. E tassare si tassa un tubo.

Nel mentre ci si scervella per capire come si fa a spremere gli esportatori clandestini, però, capita che valanghe di quattrini finiscano in Svizzera sotto gli occhi di tutti. Anzi, fra gli applausi. Come si fa? Come hanno fatto quelli del Monte dei Paschi di Siena: comperando titoli equivoci che vengono intermediati da soggetti luganesi che, sono pronto a scommetterci, o non esistono o risiedono in due camere e cucina, perché sono fasulli. Si paga la commissione per il lavoro mai fatto e si crea un tesoretto. Di nascosto? Ma quando mai! Sta scritto nei prospetti e nelle descrizioni dei titoli acquistati, regolarmente depositati presso le autorità (si fa per dire) di vigilanza (si fa per ridere). Sono elefanti per non vedere i quali, alla frontiera, si deve essere motivatamente distratti. E i nostri malefici industrialotti? I professionisti ricchi? I tanti indicati quali affamatori del popolo? Avranno i loro soldi in Svizzera, non è vero? Ci trovi direttamente loro, in Svizzera. E mica i piccoli, ci trovi anche i grossi. Chiedete a Carlo De Benedetti? Tutto regolare e alla luce del sole: non solo in Italia si pagano tasse più alte, ma dall’altra parte vige l’ordine e la pulizia e se qualcuno non ti paga il tribunale lo fa secco in un paio di mesi. Quindi non passano la frontiera di notte, con la valigetta nascosta, ma di giorno e con il camion dei traslochi. Questo è il risultato del fisco demoniaco, cui, come sempre, non sfuggono quelli che hanno troppo poco da nascondere. O non hanno nulla, oltre le tasse.

Infine: se tassiamo i capitali all’estero (aridaje) usiamo quei soldi per restituirli agli italiani. Forse non è chiaro: il debito pubblico cresce e i tassi d’interesse cresceranno, quei soldi, quindi, li butteremo dove abbiamo buttato gli altri, finanziando gli investitori che scommettono contro la nostra capacità di comprimere la spesa e abbattere il debito. Vale a dire finanziando i nostri ricchi (e quelli altrui) a carico dei nostri poveri. Sicché ho una proposta: non facciamo nessun accordo ed esportiamo in Svizzera la classe dirigente tassaiola e spendacciona, incapace di fare la metà di quel che serve, la chiudiamo in una cassettona di sicurezza e la lasciamo agli amici dei pascoli, degli orologi, del cioccolato e dei soldi ammucciati. Lo scudo lo usiamo per ripararci, nel caso tornino indietro.

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