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Le regole ancora calpestate

Il Tfr e la sfiducia

Anni di predicazione contro mercato e capitalismo non passano senza lasciare traccia

di Davide Giacalone - 28 giugno 2007

In un Paese di capitalismo consapevole e maturo si sarebbe dovuto assistere ad un generare “liberi tutti” ed alla corsa dei lavoratori per portare i propri soldi, quelli del Tfr (trattamento fine rapporto), ai fondi pensione. Nel mentre quelli correvano, e si documentavano su quale fosse il più adatto alle proprie esigenze, si sarebbe dovuto sentire il gran sospiro di sollievo del mercato finanziario, finalmente dotato di uno strumento tipico del capitalismo moderno, da noi fin qui assente o debolissimo: gli investitori istituzionali che tutelano il risparmio diffuso. Ancora due giorni ed alla scadenza ultima solo una minoranza avrà effettuato una scelta pensata, mentre moltissimi si saranno fatti guidare dalla paura e dalla diffidenza. Non senza ragione, anche se ignari degli automatismi che, complici i sindacati, cambieranno comunque natura al loro tfr.

Nella sua relazione annuale il presidente dell’antitrust ha detto: “Nonostante tre segnalazioni non è ancora sufficientemente garantita la piena portabilità delle posizioni previdenziali, né risulta chiara l’informazione al momento della scelta del fondo di destinazione”. Non risulta chiara, e lo dice il 26 giugno. Per forza che la gente non si fida. Ci si aspetterebbe che le autorità intervengano per regolare il mercato e renderlo affidabile e chiaro, invece relazionano, si lamentano (a proposito, le liberalizzazioni sono in stallo, le lenzuolate sventolano inutilmente, come noi scriviamo da mesi) e i cittadini si fanno diffidenti, ricordando le volte in cui sono stati derubati, dalle banche, alla luce del pieno giorno. Quindi, ogni volta che vedono le reclami tese a sollecitare la consegna dei loro soldi reagiscono tenendoseli sempre più stretti. Ed è, questo, un segno d’arretratezza del nostro mercato.

Decenni di predicazione contro il mercato e contro il capitalismo, con le forze politiche maggiori culturalmente inadatte a governare un Paese moderno, cui si sommano scandali finanziari evidenti e denunciati per tempo, ma che le autorità di garanzia non hanno saputo prevenire e la giustizia penale non ha saputo punire, non passano senza lasciare traccia. E non è solo folklore, ma ha un peso l’esistenza di ministri “comunisti”. Il guaio è che a rimetterci saranno i lavoratori e ad impoverirsi sarà il mercato tutto.

www.davidegiacalone.it

Pubblicato da Libero di giovedì 28 giugno 2007

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