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Una crisi del bipolarismo sempre più grave

Il sistema politico è al collasso

Urge la convocazione degli “stati generali della Terza Repubblica”

di Enrico Cisnetto - 18 maggio 2011

“Gli italiani vogliono un bipolarismo mite”. Può darsi che abbia ragione Piero Fassino a pensarla così, ma sta di fatto che finora ci è stato somministrato un bipolarismo armato fino ai denti, incivile, distruttivo, perennemente in campagna elettorale. Un sistema politico chiamato Seconda Repubblica che – come giustamente sostiene Avvenire, ripetendo quanto la Chiesa italiana va dicendo da tempo – per effetto della prima tornata di elezioni amministrative destinate a lasciare il segno pur sembrando irrilevanti alla vigilia, mostra ora di vivere una crisi così strutturale da apparire irreversibile.

Di maggiormente evidente ci sono i pesanti cedimenti del polo di centro-destra. Prima di tutto a Milano. Non solo e non tanto la sconfitta della Moratti (c’è ancora il ballottaggio, anche se il distacco che le ha dato Pisapia è grande), quanto il crollo della figura di Berlusconi, misurabile anche dal dimezzamento delle preferenze personali, e lo scivolone della Lega, che potrebbe dare la stura ad una crisi interna al partito latente da tempo, con conseguenze ancora indecifrabili per il governo specie se la lettura del voto sarà quella dei danni procurati dall’alleanza con il Pdl e dall’eccessiva commistione con il Cavaliere impenitente.

Ma sul piatto della bilancia pesano anche il modesto risultato di Lettieri a Napoli (che correva contro una sinistra divisa in due ed erede di una stagione, quella Bassolino-Iervolino, che più disastrosa non si può), il mancato ballottaggio a Bologna e l’irrilevanza del candidato che a Torino ha preso 30 punti di distacco da Fassino.

Detto questo, l’altro polo, che si presentava all’appuntamento elettorale in peggior stato di salute, non può certo cantare vittoria. Il “vento del Nord” evocato da Bersani, infatti, spira nelle vele sbagliate: a fronte di due conferme “scontate”, di cui quella di Bologna acciuffata per un pelo, ci sono altrettante affermazioni di candidati non Pd, pagate con altrettante sconfitte (a Milano nelle primarie, a Napoli con le due liste) ricevute per mano di Vendola e della galassia dei giustizialisti (più Travaglio che Di Pietro). Cui si aggiunge la necessità di fare i conti con il deflusso di voti di sinistra verso le liste Cinquestelle capeggiate dal “comico qualunquista” Grillo. Tutto ciò fa dire a Prodi che torna l’Ulivo, ma sappiamo che quell’esperienza ha saputo vincere (peraltro di poco) ma non governare.

Insomma, in un quadro in cui il centro-destra ha perso ma il centro-sinistra non ha vinto, l’unica cosa certa è che la crisi del bipolarismo s’aggrava. Ma a vantaggio degli “antagonisti”, non dei soggetti “terzi”, perché a parte Napoli non si può certo dire che il Nuovo Polo abbia potuto approfittarne. Questo è il vero problema che le elezioni ci lasceranno in eredità: la mancanza di alternative.

Il sistema politico rischia cioè di implodere, non di consumarsi in un processo che crea il “dopo”. Urge la convocazione degli “stati generali della Terza Repubblica” e molta, molta fantasia.

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