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Public Policy

Il classico pasticcio all'italiana

Il Senato non vuole morire

Lo si prosciuga dei poteri affidandogli competenze ancora incerte, ma senza abolirlo. Il solito inutile compromesso

di Giacomo Properzj - 14 aprile 2014

È difficile pensare che i tacchini esultino all"arrivo delle feste natalizie così come è difficile pensare che i senatori esultino per la scomparsa del Senato. Anche lo stesso Presidente del Senato, dopo qualche esitazione, ha deciso di prendere posizione in favore del mantenimento dell"ente che presiede e che lo porta ad essere la seconda autorità dello Stato. Non parliamo poi di tutti i senatori in libera uscita dai loro partiti che si aggregano e disaggregano periodicamente nell"aula di Palazzo Madama, gli stessi tumultuosi senatori seguaci del comico genovese Beppe Grillo, dapprima improntati a una rivoluzione completa delle strutture costituzionali, oggi abbracciano la causa della conservazione del Senato così come i leghisti per quel che si sa, anche se Roma rimane ladrona.

Insomma, di fronte alla riforma costituzionale più importante che il governo Renzi propone si sono create reazioni e resistenze improvvise che vanno rapidamente crescendo anche in ragione della poca chiarezza con cui una riforma così importante ( il passaggio dalla bicameralità alla monocameralità) viene presentata: il Nuovo Senato sarebbe formato da consiglieri regionali e sindaci dei comuni più grandi salvo una pattuglia nominata direttamente dal Presidente della Camera. Tutti costoro, non retribuiti, sarebbero destinati ad esprimere opinioni non si sa ancora su quali materie e con quali effetti. Non è per fortuna un Senato delle regioni ma non è neppure un Senato direttamente elettivo quindi con un suo autonomo potere di rappresentanza. Si tratterebbe per dirla tutta di un pasticcio all"italiana che avrebbe il compito, per altro pregevole, di sfoltire decisamente il ceto politico e quindi di diminuire resistenze ai tagli, questi veramente significativi, delle spese per il mantenimento dell"ente che consta di moltissimi dipendenti ben pagati e di strutture e palazzi ben affittati ( per il locatore s"intende).

Eliminando il Senato diverrebbe più semplice eliminare tutta la pletora di enti locali inutili (non solo le province ma anche le comunità montane, ecc. ) e da qui razionalizzare con decisione le oltre settemila aziende pubbliche, se non nella forma certamente nella sostanza, che invadono il territorio italiano con i loro consigli di amministrazione, segretari, auto blu e tutto l"insieme ben noto di costose sovrastrutture politiche. Eppure quasi tutti i più importanti paesi dell"occidente democratico sono dotati di una Camera Alta ovvero di un Senato: si tratta, per la verità di casi assai differenti tra di loro ma nelle situazioni in cui esiste una elezione diretta, come gli Stati Uniti d"America, i poteri sono divisi in modo chiaro e specifico dalla Camera dei Rappresentanti e la differenza sta nel tipo di elezione che dà a quasi tutti gli stati il peso analogo di due senatori. In Germania l"elezione è indiretta attraverso i Lander che votano però in ragione del numero dei loro abitanti. Per non parlare dell"Inghilterra dove il Senato è ereditario o di nomina regia ma ha perso quasi ogni potere. L"esplorazione di diritto costituzionale comparato potrebbe continuare per la gioia di senatori studiosi come il senatore Scilipoti ma, per essere sintetici, il problema esistente è quello se sia giusto che la camera dei deputati non venga più controllata, nella formazione delle leggi, da altre parallele strutture costituzionali. Solo dopo avere approvato le leggi potrebbe intervenire la Corte Costituzionale aprendo un contenzioso, spesso imbarazzante, come capita oggi per l"articolo 40 della legge sulla fecondazione assistita.

In altre parole il rischio è che la dialettica politica si trasformi in un contenzioso giuridico-amministrativo parallelo al contenzioso giuridico penale di quotidiana leggenda. Ovviamente non sono in grado di discutere argomenti di così alta qualità culturale ma debbo notare reazioni che hanno un carattere più che culturale corporativo. Ormai il ceto politico si erge come corporazione e quindi professione autonoma nella società con i suoi specifici interessi e naturalmente, le miserie che ogni corporazione si trascina dietro e che nulla hanno a che vedere col dibattito culturale e politico che a suo tempo si era sviluppato, proprio su questi argomenti alla Costituente. Senza mitizzare neppure quel periodo storico dove interessi specifici di partito e di organizzazione religiosa ebbero spesso il sopravvento su interessi di natura generale.

D"altronde la nostra Costituzione che oggi si intende riformare (senza l"aiuto di Croce, di Mortati e Calamandrei) non è ancora del tutto attuata e proprio per questo essa sembra fragile e debole in mezzo a una folla impazzita di, come si diceva, tacchini in attesa del Natale

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