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L’unico governo possibile: quello del cavaliere

Il risultato di una svolta storico-culturale?

Quando l’opposizione non riesce a colmare il vuoto e ad essere alternativa

di Elio Di Caprio - 02 marzo 2009

Forse Gianni Baget Bozzo, il prete-consigliere di Silvio Berlusconi che ha sempre punteggiato con lucide analisi l’”irresistibile” ascesa del berlusconismo, ha ragione quando arriva alla conclusione che ora (finalmente?) c’è un solo governo possibile, quello del Cavaliere. Ci sono voluti ben 15 anni per ottenere tale risultato. Dice Baget Bozzo che il vero cambiamento è stato la fine dell’egemonia e del dominio della cultura e della politica post comunista sulle istituzioni. Le tante sconfitte inanellate dalla sinistra o dal centro sinistra che dir si voglia, testimonierebbero una svolta storica e culturale. Sembrava che in Italia potesse avvenire l’instaurazione di un sistema bipartitico come nei paesi europei e (invece) è accaduto qualcosa di nuovo: il centro destra come unico possibile governo e la tabula rasa della sinistra.

L’alternativa non è più tra due partiti ma tra due culture politiche. Dalla condizione di unico partito legittimo la sinistra è passata a quella di non essere più alternativa di governo. Nonostante il bluff delle primarie del PD con Walter Veltroni unico candidato vincente, la sinistra che prima si era nascosta dietro il “moderato” Romano Prodi è dovuta ricorrere ad un altro ex democristiano e moderato come Dario Franceschini per rivendicare una sua possibile agilità politica futura.

Moriremo a questo punto tutti democristiani, come si diceva una volta, visto che, a parte la formazione “arrabbiata” di Di Pietro l’opposizione è ora capeggiata da Franceschini da una parte e da Casini dall’altra, entrambi ex democristiani? Oppure moriremo tutti fascisti se andiamo dietro la favola di un Berlusconi autoritario e piccolo Mussolini che, secondo Baget Bozzo è destinato ancora a rafforzarsi come unico capo del governo possibile?

Al di là degli allarmi ideologici il centro sinistra non riesce a misurarsi sui problemi concreti con analisi e proposte credibili mettendo da parte i riflessi condizionati che scambiano un minimo di decisionismo con l’orco dell’autoritarismo sempre i agguato. Neanche stando all’opposizione non ha dato segni di vita se consideriamo il fallimento del governo-ombra del PD, impietosamente messo da parte dal nuovo leader (transitorio?) Franceschini.

Un motivo ci sarà pure se, a parte il peso incontestabile della propaganda, il governo Prodi della scorsa legislatura dopo pochi mesi si era già scavato la fossa da solo per gli insanabili contrasti di quella maggioranza mentre il governo Berlusconi si è addirittura rafforzato dopo neppure un anno di potere. Opposizione vo’ cercando ma non la trovo : sembra questa la posizione di stallo in cui è precipitata la politica italiana, certificata ora anche da una mente lucida come quella di Baget Bozzo, anche se è difficile trarne conclusioni sicure e definitive per il futuro. E’ la mancanza di opposizione un impoverimento o è un arricchimento?

E’ semplicemente un vuoto che dovrà presto essere colmato con alternative credibili, ma partendo dal presupposto che è stato ed è un compito che non può essere più lasciato nelle mani dei Veltroni, dei D’Alema, dei Franceschini o dei Prodi e tanto meno in quelle di Di Pietro. Il vero e proprio dramma della sinistra attuale è che, pur combattendo a ragione gli eccessi di una politica personalizzata attorno alla figura-principe del Cavaliere non è dal suo canto minimamente in grado di opporre alcun leader di spessore e di largo seguito popolare.

Sembra quasi che non essendo possibile creare una normale dialettica destra-sinistra non ci resti altro che sperare che venga alla luce una dialettica nell’ambito del centro destra. Ma dove ricrearla? Nel PDL che si fa partito unico proprio nel momento in cui nessuno è capace di fare da contraltare alla formazione berlusconiana? O nel rapporto tra PDL e Lega?

Nessuno può ragionevolmente pensare che l’egemonia gramsciana di vecchia data stia per essere sostituita da un’egemonia berlusconiana culturale e ideologica . E’ il concetto stesso di egemonia che deve fare i conti con la rivoluzione dei mezzi di comunicazione di massa che hanno visibilmente cambiato la percezione dei fenomeni politici : il consenso è liquido e volatile, si conquista più con il televoto e con facebook che non con la conquista graduale e paziente delle casematte e dei centri del potere culturale, come voleva Gramsci. Questo Berlusconi l’ha capito prima degli altri, ma non basta a fondare una nuova cultura politica per i prossimi decenni.

Non sono cambiate le fondamentali pulsioni di destra sul versante della sicurezza- a cui si aggiungono ora quelle dell’egoismo territoriale della Lega- e di sinistra sul versante della giustizia sociale. In un’epoca postideologica era ovvio che alla grande delusione per i governi della sinistra succedesse la grande illusione del berlusconismo. Ma chi è e sarà in grado di rappresentare in futuro il punto di sintesi delle ulteriori pulsioni che verranno fuori dalle conseguenze della crisi economica mondiale, al di là della poltica-spettacolo che sembra aver contagiato anche il PD? Veramente pensiamo che l’effetto-annuncio di proposte e provvedimenti riesca a spostare voti e consensi?

Walter Veltroni, il piccolo Obama italiano, aveva tirato fuori in febbraio un programma di “economia verde” che secondo lui avrebbe assicurato un milione di nuovi posti di lavoro e dopo 15 giorni si è dimesso. Ora tocca al suo successore Dario Franceschini riprovare con la proposta del salario garantito a tutti i disoccupati come se fosse un problema di sola volontà politica. Se questa è la vera dialettica maggioranza-opposizione c’ è di che essere preoccupati.

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