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Verso l'armonizzazione dei trattamenti fiscali

Il rischio è la cannibalizzazione

Urgono norme comuni per il sistema finanziario di Eurolandia

di Enrico Cisnetto - 22 febbraio 2011

Non sarà la riforma organica del sistema finanziario italiano, peraltro impossibile se pensata solo in chiave nazionale, ma francamente non si capisce l’approccio “benaltrista” con cui taluni (per esempio Lavoce.info) hanno criticato la norma, inserita nel Milleproroghe già approvato al Senato, che da luglio 2011 consente due cose importanti: di far passare tutti i fondi comuni d’investimento dal regime della tassazione per maturazione, in capo al fondo, a quello di tassazione per cassa, cioè su quanto effettivamente realizzato, in capo all"investitore; di assoggettare alla ritenuta secca del 12,5% anche i redditi derivanti dai fondi comunitari non armonizzati come già quelli armonizzati.

Il decreto, infatti, recependo una richiesta del settore vecchia di anni, consente di superare una storica disparità di trattamento tra i fondi italiani e quelli esteri, finora a tutto danno dell’unica nostra “materia prima”, ormai terra di conquista dei grandi gestori internazionali. Certo, alcuni operatori (per esempio, Giuliani di Azimut) ammettono che l’aver cancellato questa asimmetria è condizione necessaria ma non sufficiente per colmare il gap che in queste anni ha favorito le Sicav lussemburghesi o gli strumenti finanziari di diritto irlandese. Ma certo non si ferma quel flusso di denaro che va verso l’estero se si mette in discussione la necessità di tutelare il risparmio gestito rispetto alle altre forme di impiego, magari in nome di una generale “bastonata” a tutte le rendite.

Semmai, il vero tema è quello dell’armonizzazione dei trattamenti fiscali in Europa. E qui bisognerebbe approfittare della revisione in corso del Patto di stabilità Ue per decidere, finalmente, di obbligare i paesi europei a gestire in modo coordinato il più globalizzato dei sistemi, quello finanziario. Naturalmente da equiparare non ci sono solo i regimi fiscali, ma è anche vero che, per esempio, con Basilea3 – quale sia il giudizio sull’opportunità di quelle regole – si va verso l’armonizzazione dei sistemi bancari. E non è cosa da poco.

Peraltro, avere il coraggio di inserire tra i parametri Ue anche la progressiva e programmata convergenza dei sistemi finanziari, bancari, assicurativi e borsistici, significherebbe creare i presupposti per superare i problemi di concorrenza che in questo momento derivano dalla necessità di risistemare gli assetti proprietari di banche, società del risparmio gestito e compagnie di assicurazioni. Sotto gli occhi abbiamo, per esempio, la partita Pioneer-Eurizon, cioè l’unione delle due maggiori piattaforme di risparmio gestito italiane (186 miliardi quella di Unicredit, 170 quella di Intesa) per evitare che all’asta Pioneer prevalgano i francesi (o Amundi di Agricole-Lyonnais e Société Générale o Natixis di Banque Populaire e Caisse d’Epargne).

Se Tremonti riuscisse a favorire la creazione di questo “campione nazionale” sarebbe benemerito, ma è occorre essere coscienti che con le nostre sole forze facciamo fatica a resistere alle pressioni degli interessi altrui (solo i francesi si stanno già giocando la partita Fonsai con Groupama, per non parlare su altri fronti di Edf-Edison, di Air France-Alitalia e di Ntv). Per questo bisogna integrare il sistema finanziario di Eurolandia: per evitare la cannibalizzazione, e dunque per renderlo più forte nella competizione globale.

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