La vecchia bugia del Colle neutrale
Il Quirinale: un equivoco istituzionale
E’ dovere di tutti riconoscere che il testo costituzionale deve essere aggiornatodi Davide Giacalone - 04 aprile 2008
Il Quirinale è un equivoco istituzionale, un guaio che si deve avere il coraggio d’affrontare. Le polemiche con l’elastico non mi piacciono, ma se Berlusconi poteva risparmiarsi le “forche caudine” (da dove sarebbero passati gli sconfitti), il Presidente della Repubblica aveva il dovere di non diffondere un comunicato che non esito a definire scandaloso.
Si pretende che l’inquilino del colle più alto sia imparziale e non schierato, secondo la retorica dell’impossibile monarca repubblicano. Ma l’imparzialità è l’ideale degli idioti e la maschera dei faziosi, quel che necessita è il rispetto delle regole, che, invece, sono state stracciate da tempo. Dice Napolitano, oggi, che mai Presidente venne meno ai propri doveri. Se è così, però, perché lo stesso Napolitano, assieme ai suoi compagni, chiese di buttare fuori sia Leone che Cossiga? E perché dovremmo essere così fessi da credere che un uomo da sempre fedele militante di una parte estrema sia divenuto, per investitura e vecchiaia, un saggio equanime? E’, questa, una figura inesistente.
Gronchi venne vivacemente contestato e considerato troppo interventista. Saragat fu antifascista ed anticomunista con un Parlamento che conteneva gli uni e gli altri. Posso portare carrette d’esempi, ma ancora si rispettavano le regole. Oggi non è così. Secondo la Costituzione (art. 87) il Presidente deve essere muto, potendosi rivolgere solo alle Camere. Nella realtà non stanno zitti un minuto e parlano ovunque e di tutto.
Nessun suo atto è valido (89), essendo irresponsabile (90), se non controfirmato dal governo. Ma la regola va a gambe all’aria se dal Quirinale s’influisce sulla sorte del governo (come quando Napolitano salvò Prodi, illegittimamente reclamando una nuova legge elettorale, mai fatta). Il massimo potere (92) consiste nel “nominare” il presidente del Consiglio, ma sono anni che si racconta agli italiani la favola (falsa) che sono loro a nominarlo.
La Costituzione scritta è stata violentata, ed a poco serve che se ne dicano innamorati i carnefici. A questo punto nessuno può fare l’offeso, ma è dovere di tutti non abbandonarsi ai battibecchi, semmai riconoscere che quel vecchio testo deve essere rinvigorito ed aggiornato, altrimenti lo vedremo sbriciolarsi. Complice l’acida prosopopea di chi si ritiene sul trono.
Pubblicato su Libero di venerdì 4 aprile 2008
Si pretende che l’inquilino del colle più alto sia imparziale e non schierato, secondo la retorica dell’impossibile monarca repubblicano. Ma l’imparzialità è l’ideale degli idioti e la maschera dei faziosi, quel che necessita è il rispetto delle regole, che, invece, sono state stracciate da tempo. Dice Napolitano, oggi, che mai Presidente venne meno ai propri doveri. Se è così, però, perché lo stesso Napolitano, assieme ai suoi compagni, chiese di buttare fuori sia Leone che Cossiga? E perché dovremmo essere così fessi da credere che un uomo da sempre fedele militante di una parte estrema sia divenuto, per investitura e vecchiaia, un saggio equanime? E’, questa, una figura inesistente.
Gronchi venne vivacemente contestato e considerato troppo interventista. Saragat fu antifascista ed anticomunista con un Parlamento che conteneva gli uni e gli altri. Posso portare carrette d’esempi, ma ancora si rispettavano le regole. Oggi non è così. Secondo la Costituzione (art. 87) il Presidente deve essere muto, potendosi rivolgere solo alle Camere. Nella realtà non stanno zitti un minuto e parlano ovunque e di tutto.
Nessun suo atto è valido (89), essendo irresponsabile (90), se non controfirmato dal governo. Ma la regola va a gambe all’aria se dal Quirinale s’influisce sulla sorte del governo (come quando Napolitano salvò Prodi, illegittimamente reclamando una nuova legge elettorale, mai fatta). Il massimo potere (92) consiste nel “nominare” il presidente del Consiglio, ma sono anni che si racconta agli italiani la favola (falsa) che sono loro a nominarlo.
La Costituzione scritta è stata violentata, ed a poco serve che se ne dicano innamorati i carnefici. A questo punto nessuno può fare l’offeso, ma è dovere di tutti non abbandonarsi ai battibecchi, semmai riconoscere che quel vecchio testo deve essere rinvigorito ed aggiornato, altrimenti lo vedremo sbriciolarsi. Complice l’acida prosopopea di chi si ritiene sul trono.
Pubblicato su Libero di venerdì 4 aprile 2008
L'EDITORIALE
DI TERZA REPUBBLICA
Terza Repubblica è il quotidiano online fondato e diretto da Enrico Cisnetto nato nel 2005 dall'esperienza di Società Aperta con l'obiettivo di creare uno spazio di commento indipendente e fuori dal coro sul contesto politico-economico del paese.