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Public Policy

La sanità in Italia

Il PUSP

Il Partito Unico della Spesa Pubblica

di Davide Giacalone - 05 dicembre 2012

A leggere le cronache politiche sembra quasi che il governo Monti sia già con le valige in mano e che le elezioni siano domani mattina. Anzi, in qualche caso sembra che ci siano già state, come se le urne delle primarie della sinistra servissero a stabilire chi è pronto a sedere a Palazzo Chigi. In questo modo togliendo agli elettori l’incomodo di stabilire a chi dare il voto, e al presidente della Repubblica il fastidio di dare applicazione al dettato costituzionale. Ove non è prevista alcuna elezione del capo del governo. Ho l’impressione che la facciano un po’ troppo facile e sbrigativa. Su diversi fronti, non ultimo su quello che riguarda Mario Monti.

Nel corso della settimana scorsa il presidente del Consiglio aveva sostenuto la necessità di ripensare la sostenibilità del nostro sistema sanitario. Noi scrivemmo subito che aveva ragione e che il problema va affrontato. Siccome aveva accennato a ulteriori fonti di finanziamento, una rozza semplificazione giornalistica gli aveva messo in bocca l’ipotesi della privatizzazione, che aveva spinto Palazzo Chigi a una nota di precisazione. Interpretata come se Monti fosse stato imprudente e avesse fatto marcia indietro. Niente di più sbagliato, perché ieri è tornato alla carica, con nostra soddisfazione e plaudo: “La nostra sanità pubblica è chiamata a ripensarsi. Dobbiamo imparare a gestire il divenire del processo demografico in modo più efficiente”.

Il significato è chiaro: proprio perché la sanità funziona, l’età media della popolazione cresce, tendendo a un futuro in cui i lavoratori capaci di finanziare il sistema, con le tasse che pagano, perderanno peso relativo rispetto ai pensionati anziani che usufruiranno massicciamente della sanità pubblica. E’ una ragionamento demografico ineccepibile. Fin troppo prudente, per i miei gusti, giacché sposta avanti nel tempo un problema che vedo già maturo: la pressione fiscale sui produttori di ricchezza è troppo alta, mentre la spesa sanitaria è fuori controllo.

Al rilievo di contenuto Monti accompagna una considerazione politica: “La nostra mentalità è chiamata a fare i conti con nuove prospettive, nuove visuali. Il conservatorismo non è prerogativa di un"età della vita, bensì di una data stagione, di una certa collettività. C"è bisogno di vincere la chiusura mentale al cambiamento”. A questo aggiungete quel che disse Mario Draghi, circa la necessità di ripensare la struttura stessa del welfare state, perché non possiamo più permetterci (oltre a essere intrinsecamente ingiuste) le sue molte disfunzioni. Ecco, le due cose descrivono una necessità ineludibile: sgominare il più potente partito italiano, sconfiggere la più capillare organizzazione politica, capace di penetrare gli schieramenti e d’intridere il sindacato, battere il Pusp. Il Partito unico della spesa pubblica.

Il Pusp ha messo le mani sul cervello della destra, bloccandone gli istinti di libertà e mercato, per porli al servizio di corporazioni che andavano soddisfatte. Il Pusp ha messo le mani sul cuore della sinistra, spegnendone la voglia di giustizia sociale e mettendo il gettito fiscale non al servizio dell’equità, ma della spartizione. Il Pusp è stato capace di vincere molte partite politiche e culturali, inducendo a credere che solo togliendo soldi ai cittadini e al mercato, quindi facendoli intermediare dalla politica, si potesse mirare alla salvezza dal vizio e dalla schiavitù del profitto. Così diffondendo la più viziosa dilapidazione. E’ il Pusp a dominare ancora la scena.

Monti lo ha ricordato, usando un linguaggio più sobrio, non c’è dubbio, ma niente affatto soffice. Ha lanciato un’accusa di conservazione dell’inconservabile. Con la quale la destra dovrà fare i conti, non appena ritenesse di dovere tornare a occuparsi di cose serie. Ma con la quale deve fare i conti anche la sinistra, le cui decisioni primarie vanno in direzione opposta. Non si distraggano, gli uni e gli altri, perché il commissario non è sul piede di partenza. Il suo governo ha commesso non pochi errori ed è scivolato troppe volte, anche perché spintonato dal Pusp. La compagine ministeriale non s’è dimostrata all’altezza di tanta fama. Ma il commissario è lì. Sobriamente implacabile e non in procinto di togliere il disturbo.

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