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La cricca dei palazzinari tangentari in agguato

Il pasticcio Scajola

In questo Paese sottosopra, ancora una volta, i conti non tornano

di Davide Giacalone - 05 maggio 2010

La procura della Repubblica di Perugia ribadisce che Claudio Scajola non è indagato e, pertanto, verrà sentito come persona informata dei fatti. Ciò conferma quel che ho già scritto: in questa orribile storia i conti non tornano. Se fossero fondate le notizie fin qui pubblicate, se fosse dimostrabile che per pagare la sua casa sono state utilizzate decine d’assegni circolari versati in nero, anche a prescindere dalla provenienza corruttiva del denaro, comunque si configurerebbe il reato di riciclaggio. La procura che svolge le indagini mica può far finta di niente, mica può sentire come teste un potenziale indagato. In questo Paese sottosopra sembra quasi che non ricevere l’avviso di garanzia sia un vantaggio, invece può essere un’arma per aggravare la condizione di chi non è escluso subirà un processo.

Intendiamoci, mettere in evidenza queste cose non significa diminuire le responsabilità in capo a Scajola. Lo ripeto: se quelle ipotesi si dimostreranno vere non merita solo di perdere il posto, ma anche una condanna penale. E se anche potrà difendersi e dimostrare il contrario, comunque la condotta dell’ex ministro è censurabile, pur credendo alle sue parole. Non si stipula presso un ministero, si va dal notaio. Non si fanno entrare dei privati (la parte venditrice) in un edificio governativo per regolare gli interessi privati del ministro. Non si dichiara un prezzo diverso da quello effettivamente pagato, perché è vero che così fan tutti, ma è anche vero che l’acquirente è un membro del governo, che quelle leggi difende e, pertanto, fa la cortesia di rispettare. E siccome non c’è il diritto all’ingenuità, ma c’è quello a fare dei buoni affari, nel caso in cui l’acquisto avvenga a valori difformi da quelli di mercato, si avrà cura di dotarsi di una perizia, tendente a dimostrare, a futura memoria, che non c’è stato né trucco né inganno.

Nell’annunciare le dimissioni, ieri, Scajola ha preso in considerazione l’ipotesi che qualcuno abbia potuto contribuire al pagamento dell’appartamento, a sua insaputa, e che, in questo caso, provvederà a chiedere la revoca del negozio. Ma gli sembra ragionevole? E’ possibile che si facciano tante cose, a mia insaputa, ma non che mi si paghi un conto del ristorante o una casa, perché è impossibile non accorgersene (e se il contratto è nullo, la parte venditrice restituisce la somma pagata ufficialmente o anche i 900mila euro di nero? In questo caso, a chi? Difficile che anche questo avvenga ad insaputa dell’interessato!).

Stia attento, perché le regole dell’inchiesta penale sono chiare, sebbene con tempi inaccettabili, ma anche quelle non scritte dell’appello all’opinione pubblica devono essere onorate: non si può prima escludere l’esistenza di un fatto e poi ammetterlo, sebbene come ipotesi, ma dichiarandosene ignoranti. Così non ci si gioca solo il ministero, ma tutta intera la credibilità.

Pasticciando, in modo imbarazzato e imbarazzante, Scajola ha messo in ombra il fatto che l’inchiesta di Perugia è arrivata a poche ore dallo scadere dei termini per le custodie cautelari senza essere riuscita a mettere a fuoco accuse precise e rette da indizi passibili di divenire prove. S’è capito che attorno agli appalti pubblici c’era un giro immondo d’interessi irregolari, ma il tentativo di coinvolgere e far cadere Guido Bertolaso (con le intercettazioni e i massaggi, ennesima supposizione di assoluta deficienza) è andato a vuoto, quindi s’è passati ad altri, fino a giungere alla casa di Scajola, che, però, con il cuore dell’inchiesta c’entra poco. Il tutto con aperto un conflitto circa la competenza territoriale.

Il guaio è che mentre noi c’impegniamo a denunciare queste cose, correndo dei rischi e caricandoci sulle spalle ostilità pericolose, mentre non abbandoniamo la battaglia per il rispetto del diritto, c’è chi si crede furbo e ne approfitta, magari sperando che noi ci s’immoli a difesa del mattone altrui. Ciò è davvero sgradevole, oltre che disonesto.

Io ero pronto a credere alle parole di Scajola, perché sono una persona civile e so che tocca all’accusa dimostrare la colpevolezza, non al cittadino la propria innocenza. Ero pronto anche perché Scajola è stato un buon ministro, e l’alfiere della giusta battaglia per tornare al nucleare. Dal punto di vista degli interessi collettivi conta più accendere un reattore che sapere dove lui s’è accasato, e come. Ma proprio perché si maneggiano interessi superiori non si può poi incespicare in quelli propri. Le parole contano, e di parola se ne ha una sola.

Ripeto ancora, scusate, che se quanto letto sui giornali, proveniente da carte depositate per difendere l’inchiesta e non per accusare un ministro, si dimostrasse vero, la cricca dei palazzinari tangentari, con annessi addentellati politici, oltre ad un’associazione a delinquere si dimostrerebbe un’accolita di cretini. Un quadretto disarmante, sullo scadimento della classe dirigente, compresi gli aspetti delinquenziali. L’unico elemento, questo, in grado di strappare un ghigno d’amara ironia.

www.davidegiacalone.it

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