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L’Europa e lo scacchiere Euro-mediterraneo

Il partenariato Euromed

Sarkozy: "L’Unione Mediterranea non somiglierà all’Unione Europea ed a ciò che è diventata"

di Silvio Nocera - 09 novembre 2007

Il consiglio dei ministri svoltosi a Lisbona il 5 e 6 novembre segna il passo del partenariato Euromed. L’Unione Europea sembra intenzionata a proseguire a tappe forzate nel processo di cooperazione tra vecchie proposte e nuove prospettive: la Francia, invece, cerca di raccogliere consensi, le reazioni dei paesi rivieraschi non sembrano entusiastiche.

La questione mediterranea che tanta parte sta occupando nell’agenda politica europea, sembra avere subito una nuova battuta d’arresto: questa volta si tratta del Medio Oriente. E così la riunione ministeriale ospitata a Lisbona ha chiuso i lavori tra molte difficoltà ed altrettanti dubbi. Solana, Alto rappresentante per la Politica Estera e di Sicurezza Comune dell"UE, conferma le indiscrezioni trapelate circa le accese discussioni avvenute durante l’incontro, e che preparano la prossima conferenza di Annapolis, ma si affretta ad esprimere ottimismo sul dinamismo del processo di Barcellona. Tuttavia, i problemi appaiono numerosi e le questioni da risolvere parecchie. E se la Mauritania e l’Albania vengono inserite a pieno titolo come membri del processo di cooperazione euro-mediterranea, l"UMA, Union du Maghreb Arabe, che comprende Marocco, Algeria, Tunisia, Libia e Mauritania, chiede alla Commissione Europea di sostenere il suo progetto di rilancio dell"integrazione maghrebina. Così mentre Sarkozy, cerca di tirare la carretta del proprio progetto di Unione Mediterranea, le reazioni del mondo politico appaiono tiepide e diffidenti.

Modifiche
Dopo le dichiarazioni circa l’opportunità, la necessità e l’urgenza di costituire un’Unione Mediterranea indipendente senza la partecipazione dalle strutture della Comunità Europea e aperta solo ai paesi rivieraschi, il progetto era stato progressivamente modificato fino ad ottenere sostanziali aperture ed un sostegno pieno da parte della Commissione. Nel suo discorso pronunciato a Tangeri lo scorso 24 ottobre, il presidente francese aveva azzardato che “l’Unione Mediterranea non somiglierà all’Unione Europea ed a ciò che è diventata, ma che sarà un’esperienza originale ed unica”. Con una partecipazione estesa a tutti i membri UE ed ai suoi organi. La sua Unione punterebbe ad essere un organismo a “geometria variabile” al fine di “fare del Mediterraneo il più grande laboratorio al mondo di sviluppo comune, dove lo sviluppo si decide insieme e si controlla insieme”. Sarkozy dunque ha provato ancora a rilanciare sul fronte Sud, in cerca d’aperture e di dialogo: tuttavia i suoi inviti sono stati accolti tiepidamente dai rappresentanti di un’area vasta ed eterogenea per interessi e specificità politiche.

Prospettive
I ministri riuniti a Lisbona confermano la data del 2010 come scadenza ultima per la creazione di una vasta area mediterranea di libero scambio, ma non è affatto scontato sotto quale forma essa debba essere realizzata. La zona mediterranea rappresenta oggi un bacino di 700 milioni di consumatori: tra il 1995 ed il 2006, si è registrato un raddoppiamento degli acquisti europei di prodotti della sponda Sud e un relativo aumento delle vendite che si attesta al 60%. L’Europa è oggi il primo partner commerciale dei paesi mediterranei con il 42,2% di export pari a 59,9 miliardi di euro laddove l’import raggiunge la cifra di 60 miliardi di euro nel 2006, pari al 5% dell’intero import/export europeo. Anche se aumenta passando da 1,34 miliardi di euro nel 1995 a 6 miliardi nel 2004, il commercio sud-sud resta tuttavia scarso con il 15% del totale della regione. Il concetto di geometria variabile, che prende in considerazione le specificità dei vari paesi e settori, non trova ancora una sua formulazione chiara e stabile: si parla d’ambiente marino, con una grande attenzione posta sul tema della tutela delle acque, di energia, di trasporti, di risorse idriche. Ma la tendenza generale sembra voler prediligere lo strumento degli accordi bilaterali che, giustappunto, sono diventati parte integrante del nuovo European Neighbourhood Partnership Instrument attraverso i Piani di azione ENP, a sostituzione del programma MEDA.

La questione appare dunque delicata: quanti parteggiano per la creazione di un nuovo organismo internazionale? Quali costi dovrebbero essere affrontati in termini finanziari, diplomatici, politici? A quali limiti si va incontro? Come dovrebbe essere finanziato il progetto? Limiti e questioni aperte Nonostante le molteplici riunioni che si sono svolti nel corso degli anni, i risultati si sono dimostrati parziali frammentari e, tutto sommato, inconcludenti. Il bacino del Mediterraneo, pur condividendo una storia millenaria comune, è un’area composita per tradizione, cultura, religione ed interessi economici. Su questo Sarkozy cerca di fare leva, ma un panorama così variegato è per definizione un’arma a doppio taglio. I paesi rivieraschi del Sud non riescono a stringere tra loro degli accordi, cooperano poco, ed il volume dei loro scambi commerciali appare sostanzialmente limitato a fronte di contrasti che invece sembrano insormontabili.

Ipotizzare qui una zona di libero scambio appare velleitario, specialmente in una prospettiva di breve o medio termine come sembra la soglia del 2010. In tal senso gli Accordi di Agadir stipulati tra Marocco, Tunisia, Egitto e Giordania, in vigore dal 1 Gennaio 2006, rappresentano un buon punto di partenza ma rivelano anche le fratture presenti nell’area: il confine tra Algeria e Marocco è chiuso a causa del conflitto territoriale del Sahara occidentale, mentre la Libia non ha mai accettato di partecipare al processo di Barcellona. Dal 2004 la Turchia ha siglato accordi con il Marocco, la Tunisia e l’Autorità palestinese, ma è necessario ricordare che, da parte sua, ha già effettuato con l’UE un’unione doganale che rappresenta un punto più avanzato rispetto al libero scambio.

E se il Marocco, dopo il discorso di Tangeri, ha posto l’accento sulla “legittima ambizione ad avere tra breve uno statuto avanzato” per le relazioni bilaterali con l"UE, sottolineando la volontà di attuare politiche settoriali comuni (anche per accedere ai cospicui finanziamenti,3.3 miliardi di euro in totale, previsti dal nuovo periodo 2007/2013), l’atteggiamento degli altri paesi non pare aprire grandi spazi. L"Algeria cerca di preservare i propri interessi di esportatore diretto di gas e petrolio e teme che la concorrenza diretta tra le proprie imprese e quelle europee sia estremamente penalizzante, preferendo puntare sulla vendita diretta di idrocarburi. Ecco perché non parteggia per una ipotetica soluzione multilaterale. Un ipotetico accordo tra i pesi mediorientali coinvolti direttamente nel conflitto arabo-israeliano suona come qualcosa che non prende in seria considerazione le intricate relazioni tra tali Stati. L’Europa ambigua In questo panorama, nonostante le aperture dimostrate dalla Commissione Europea, i contorni appaiono piuttosto ambigui. Su questo Peter Mandelson, Commissario Europeo per il Commercio estero, ha reso evidente come la nozione di area di libero scambio implichi una regione commerciale unica, cosa ben diversa dal contesto in cui si dovrebbero sviluppare le relazioni commerciali dell’area euro-mediterranea. Da parte sua, Pottering, Presidente del Parlamento Europeo ha dichiarato che “l"Unione mediterranea non deve comportare confusione di termini, il paragone con l"UE non è possibile. Un partenariato risponde ad altri criteri”. Mentre la Francia sembra orientata ad una modifica del progetto proposto da Sarkozy, anche in relazione all’iniziale ostilità tedesca, l’Olanda, di cui una parte della popolazione è di origine mediterranea chiede di partecipare pienamente al progetto. E, mentre il Ministro degli Esteri portoghese Amado chiede con forza la messa a punto di un quadro strategico più preciso, Spagna e Italia si dicono pronte a perfezionare la proposta francese: la discussione verrà probabilmente sollevata durante il prossimo Consiglio dei ministri. Anche perché i partigiani del processo di Barcellona non intendono abbandonare la prospettiva di una Politica Europea di vicinato a favore di un’Unione Mediterranea che, agli occhi del capo della diplomazia egiziana, appare utopica. Una banca euromediterranea Nel frattempo, anche la Banca Centrale Europea, fin’ora contraria ad un’operazione ritenuta troppo onerosa e rischiosa in termini di investimento e di garanzie dei prestiti, interviene nel dibattito dichiarandosi pronta alla creazione di una Banca del Mediterraneo. Eppure sulla forma dell’eventuale nuovo istituto creditizio le bocche sono cucite: il vicepresidente Philippe de Fontaine Vive non parla di composizione dell’azionariato o di mandato, né della sorte della Facilità euromediterranea d"investimento e di partenariato (FEMIP), gestita dalla BEI, la cui trasformazione in banca è richiesta dai paesi partners sostenuti dal Parlamento europeo e l"Assemblea parlamentare euromediterranea. Eppure si dice “disposto ad esaminare il progetto e soprattutto ad ascoltare” i paesi partners, assumendo un atteggiamento decisamente collaborativo e votato alla concertazione, mentre pare disposto a collaborare al progetto di Unione Mediterranea .

Qualcosa si muove
A questo punto, il fronte Sud appare entrato prepotentemente fra le priorità europee. Al di là delle necessarie circospezioni, sembra che esiste una volontà di fondo di portare avanti a tappe forzate quello che è stato il processo di Barcellona. Ma quale sarà la strategia vincente? Le dichiarazioni fatte il 7 novembre al termine della conferenza di Lisbona restano sul chi vive, anche perché non è ben chiaro quali ripercussioni potrebbero esserci in termini di low politics strategy (secondo cui le forze di mercato devono essere usate come forze di democratizzazione a causa degli effetti di spill-over che hanno sulla politica). Di sicuro dagli incontri degli ultimi giorni emergono delle novità: oltre all’adesione di Albania e Mauritania, Croazia ed ex Repubblica di Macedonia si associano come invitati. Sul versante dello sviluppo delle politiche settoriale questo è quello che è stato evidenziato: in tema di sicurezza, si auspica un rafforzamento della PESD per la prevenzione al terrorismo, al riciclo di denaro, al crimine ed alla droga; riguardo le politiche macroeconomiche rimangono gli impegni già presi entro il 2010 e si chiede una maggior coordinazione per ambiente, energia, trasporto e tecnologie, rafforzando nel contempo gli investimenti finanziari. Il 2008 vedrà Damasco capitale della Cultura: potrebbe essere il momento più giusto per caricare di simboli un processo che nonostante tutto stenta a decollare.

Pubblicato su www.7magazine.it/ Autore: Silvio Nocera

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