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Parallelismi intorno al declino dell'Italia

Il "paradosso" Clemente Mastella

Ancora una replica di Antonio Gesualdi a Elio Di Caprio sulla situazione del nostro Paese

di Antonio Gesualdi - 22 dicembre 2006

Carissimo Elio, voglio risponderti, e anche augurare a te e a tutti gli amici di Terza buone feste con una citazione tratta dall"ultimo libro dello storico Pierre Milza sull"Italia in declino dall"uscita dall"impero romano. La prima parte è una metafora storica dell"attuale Finanziaria, la seconda è della situazione politica. Io penso che questa citazione ci può dire molto anche sul perché, oggi, perfino Clemente Mastella ci appare così importante. Io penso anche che il problema della classe dirigente, oggi, è che non dirige un bel niente. Ci sono tanti poteri deboli che vivono di veti incrociati. Processi degenerativi che ci stanno portando dalla democrazia verso l"oligarchia e questioni geopolitiche ed economiche affrontate da ingegneri, tributaristi, filosofi che si dicono esperti, ma non lo sono. Basti un solo dato: se consideriamo una proiezione sul periodo 1990-2010, in Francia c"è una diminuzione del numero dei giovani fra i 20 e i 24 anni dell’ordine dell’11%, in Inghilterra del 14%, in Germania del 23% e in Italia del 40%! Significa che le economie si muovono e si muoveranno a velocità e modalità diversissime in tutta Europa ma che noi italiani, in particolare, siamo entrati in un periodo durante il quale subiremo il più forte shock demografico che si possa immaginare, con una drastica contrazione della popolazione attiva, per cui si dovrà contare solo sulle nostre forze per fare una politica, indipendente e intelligente, che ci permetta di superare quella situazione.
Io credo che, almeno inconsciamente, ne siamo talmente convinti che piuttosto di continuare a seguire politici del "vuoto" con programmi inconsistenti, coalizioni litiganti, e che si accapigliano sulle leadership preferiamo dar credito a Mastella che, almeno, da democristiano mai pentito una qualche idea (e anche una prassi) di riferimento ce l"ha. Questo è il paradosso Mastella.
Ma eccoti la citazione, era il IV secolo dopo Cristo, ma sembra oggi:

"Questa evoluzione del mondo imperiale fu enfatizzata dalla necessità di far fronte alle enormi spese legate alla crescente sofisticazione della macchina statale, alla difesa (il suolo, gli armamenti, le fortificazioni) e al conseguente bisogno di riscuotere le imposte a tutti i costi. I borghesi delle città e gli artigiani, gli elementi dinamici della società dell"Alto Impero, si videro schiacciati dal peso fiscale. per impedire loro di sottrarsi agli obblighi fiscali con la fuga o altri espedienti (la dissimulaizone, le esenzioni ottenute attraverso la protezione o la corruzione, i privilegi accordati dai governanti ai soldati, ai veterani, agli artisti, ecc.), lo Stato avvio un"impresa autenticamente totalitaria, costringendo i cittadini al lavoro forzato e obbligandolo i figli a svolgere la professione del padre. Nelle piccole città, i curiales, proprietari di un dominio di almeno 6,25 ettari e che formavano il Senato locale, dovettere - volenti o nolenti - esercitare tutte le cariche imposte dallo Stato, manutenere gli edifici pubblici, finanziare le feste, fornire le reclute per l"esercito, svolgere incarichi di polizia e assolvere diverse corvé. Imposizioni rovinose che ricadevano inevitabilmente sui discendenti, così che molti abbandonarono le città. Infine, sulle terre dei grandi proprietari, i coloni che erano stati fino ad allora contandini liberi furono asserviti alla gleba, ovvero incatenati ufficialmente e in via ereditaria alla terra che coltivavano.
Così, nel IV secolo la società imperiale tese a trasformarsi in un sistema di rigide caste, dominato da un"aristocrazia fondiaria che monopolizzava le alte cariche pubbliche e i privilegi. Il potere imperiale non perse certo l"occasione di imporle un contributo finanziario, e le accollò una larga parte delle spese militari, il finanziamento dei giochi e la distribuzione dei viveri, ma allo stesso tempo la coprì di onori e privilegi.
I più ricchi, i benestanti, o coloro che avevano esercitato le cariche più importanti si videro attribuire il consolato, oppure titoli che rispecchiavano un legame particolare con la persona dell"imperatore, come quello di patrizio o di conte. Risiedevano in sontuose villae, tra sfarzi e lusso sfrenato, e a poco a poco imposero la loro autorità sovrana a quanti vivevano nella loro orbita: agli schiavi (in forte diminuzione dopo la fine delle guerre di consquista), ai coloni e anche agli uomini liberi in cerca di protezione, che venivano a porsi sotto il loro patronato. Dalla fine del Basso Impero, allorché il numero dei poveri aumentò e si imposero i legami di dipendenza personali, il grande latifondista era a un passo dal diventare signore."

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