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Una liberalizzazione dell’energia esitante

Il mercato dell’industria elettrica

Energia: un settore vitale. Si può e si deve fare di più

di Angelo De Mattia - 20 giugno 2007

Il grado di concorrenza nel mercato interno dei servizi influenza la crescita delle imprese: lo si afferma nelle recenti Considerazioni finali del Governatore della Banca d’Italia, che rileva come l’industria manifatturiera cresca meno nei Paesi in cui sono maggiori gli ostacoli di natura normativa alla concorrenza nell’offerta, tra gli altri, dei servizi energetici. Draghi poi aggiunge che in Italia, che è uno dei Paesi nei quali la regolamentazione è più sfavorevole per gli utenti, la liberalizzazione nel settore energetico è stata finora esitante. Il prezzo dell’energia elettrica per usi industriali è tra i più alti d’Europa, maggiore del 20% rispetto alla media. Oltre un sesto della spesa per consumi mensili della fascia più povera della popolazione riguarda beni e servizi coinvolti nei processi in corso di liberalizzazione, tra i quali quello dell’energia. Dall’indagine condotta dalle filiali della Banca d’Italia – di cui si dà conto nella Relazione alla base delle Considerazioni finali – si rileva che, nel 2006, nell’industria l’accumulazione è stata inferiore ai piani formulati per le imprese di maggiore dimensione e per il settore energetico. I programmi di investimento delle imprese per il 2007 prevedono un incremento della spesa, del 2,5% in termini reali, riconducibile essenzialmente al settore energetico ed estrattivo.

E’ ipotizzabile che si possa fare di più? Nel campo dell’energia operano diverse categorie di produttori e di grossisti. La categoria con una produzione maggiore comprende le società del gruppo Edison e del gruppo Eni, Endesa Italia, Edipower e Tirreno Power; la successiva categoria è composta di tredici gruppi, i maggiori dei quali sono Erg, Acea, Electrabel, Saras, Aem Milano-Asm Brescia, Aem Torino. Quanto ai grossisti, nella prima categoria sono le società di trading e di vendita finale collegate con i maggiori produttori, a cui vanno aggiunti Aem Trading, Atel Energia e EGL Italia. La seconda categoria dei grossisti è composta da quaranta società, le principali delle quali sono Enel Energia, Acea Electrabel Trading, Siet, eccetera. In questo quadro, molto sinteticamente richiamato, si inserisce il decreto legge varato ieri dal Consiglio dei ministri sulla liberalizzazione del mercato elettrico per i clienti residenziali. Dal primo luglio i cittadini potranno liberamente scegliere il fornitore di energia elettrica. Si prevede, poi, l’obbligo di separazione societaria tra l’attività di vendita e quella di distribuzione per le imprese del settore, a tutela della concorrenza. Su impulso del Ministero dello Sviluppo Economico, dovranno essere adottate procedure concorsuali per la scelta dei fornitori.

Il provvedimento di ieri, per quanto significativo, è solo un primo passo – necessario anche perché il primo luglio scatta la decorrenza dell’obbligo europeo della libera scelta del fornitore – che dovrà essere seguito dalla organica liberalizzazione del mercato elettrico, disciplinata dal disegno di legge-delega Bersani, attualmente in discussione al Senato. Solo dopo questa seconda approvazione, sarà possibile formulare un giudizio compiuto sulla materia e cominciare a valutare gli effetti della liberalizzazione, per le conseguenze della quale diverse imprese sono già ai “nastri di partenza”. Il settore è vitale. Intervenire in esso, superando i vincoli alla competizione, significa contribuire decisamente al rilancio della produttività. E oggi, come è ben noto, i problemi dell’economia italiana si chiamano innanzitutto competitività e produttività, cioè i fondamentali fattori alla base della crescita, che occorre alimentare ancora di più, costituendo essa il necessario passaggio per un impulso all’occupazione.

Ma un intervento organico in tema di liberalizzazione offre la possibilità di riverberare effetti positivi sull’intera area dei soggetti interessati: le imprese, per le quali si aprono i mercati; i consumatori che, anche con il coinvolgimento delle forze sindacali da parte del governo, debbono essere meglio tutelati, in particolare con l’offerta di scelte libere e consapevoli; l’Authority competente, che è chiamata al suo compito di integrazione delle regole e di svolgimento dei controlli. Da questo quadro non può, però, essere escluso il sistema bancario. Quando se ne richiede un maggiore impegno nel sostegno dei settori trainanti e comunque innovativi, non si vuole fare opera dirigistica o, addirittura, di stampo assistenzialistico. Non è questa la sede per affrontare l’amplissimo arco delle opportunità che possono essere colte nel campo energetico (comprendendo anche la tematica delle fonti alternative), a seguito delle innovazioni più recenti e nella salvaguardia dell’ambiente.

In ogni caso, con la liberalizzazione si aprono opportunità per l’impresa – innanzitutto per l’imprenditore innovatore e con capacità progettuali – e per la banca, che può misurare come, attraverso la capacità di sostenere iniziative valide di sviluppo, conseguire adeguati ritorni, coordinarsi con gli interessi dell’industria e dei consumatori, operare, in definitiva, contribuendo alla crescita dell’economia. Per l’industria e per la banca vi sarà, dunque, a breve un test di misurazione della loro determinazione a intraprendere e, indirettamente, della superiorità, in questo campo, del regime della concorrenza, s’intende regolata. Sarà una prova importante perché, nei processi di liberalizzazione, ritardi od ostacoli o non adeguate attuazioni possono indurre nei cittadini scetticismo nell’assetto concorrenziale, fino a giungere a ritenere che si stava meglio quando si stava peggio.

All’opposto, vi sarebbero le condizioni per diffondere la sensazione concreta che con le liberalizzazione si consegue un miglioramento della posizione di tutti i soggetti a vario titolo coinvolti. E questo è maggiormente valido per chi si trova a gestire l’intervento in economia, una “eredità non preceduta da alcun testamento”, come in un aforisma di un noto autore francese.

Pubbblicato su l"Unità del 16 giugno

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