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Un popolo di evasori per eccellenza

Il lievitare dell’economia in nero

L’evasione cresce in un mercato in cui diminuisce la regolarità delle transazioni

di Davide Giacalone - 24 giugno 2009

La memoria fa brutti scherzi, al punto da minacciare il godimento delle buone notizie. Tale è, ad esempio, l’intensificarsi della lotta all’evasione fiscale, con i dati resi noti dalla Guardia di Finanza: nei primi cinque mesi dell’anno sono stati scovati redditi nascosti per 13,7 miliardi, Iva dovuta e non versata per 2,3 e rilievi Irap per 8,7, sempre miliardi, sono stati individuati, e denunciati alla magistratura, 3200 evasori totali, cui s’aggiungono quelli che fingono di risiedere all’estero, sottraendo gettito per 3,1 miliardi, il tutto con una crescita del 10% nella capacità di stanare gli evasori. Ma la memoria, birichina, ti tormenta: non l’avevo già letta, questa notizia? I numeri cambiano, ma l’annuncio del successo ha cadenza quasi annuale.

Il primo ottobre dell’anno scorso il direttore generale dell’Agenzia delle Entrate veniva ascoltato dai parlamentari della Commissione Finanze, e recitò, più o meno, la stessa poesia, annunciando nuovi record di durezza nell’eterna lotta contro chi cerca di fregare il fisco. E siccome il ministro precedente, il mai compianto Vincenzo Visco, aveva a sua volta annunciato cifre record sempre in tema di setacciamento fiscale, al cambio di governo la parola d’ordine era: non si abbassa la guardia. Solo che o ridefiniamo il significato di “record”, oppure cerchiamo di capire cosa diavolo succede, da anni.

Dopo avere preso gli evasori per le orecchie, lo Stato riesce a dimostrare di avere ragione ed a farsi dare l’obolo sottratto? Mica tanto, ed a sostenerlo non è un polemista con tendenza al disfattismo, ma la Corte dei Conti che, nella relazione presentata un anno fa, documenta sì la crescita dell’effettivamente versato, salito del 272%, ma osservando che si ferma ad un misero 7,37% del contestato. Detto in modo diverso: il 92% degli evasori scovati non scuciono un tallero, o perché non sono evasori, o perché lo Stato non riesce a farsi pagare. Certo, le cose vanno meglio che nel 2005, quando a non pagare era il 95%, ma con progressioni a questo ritmo la vita non ci basterà per assistere ad un recupero di almeno la metà.

Nella citata audizione parlamentare il direttore delle entrate affermava, soddisfatto, che le riscossioni effettive, dovute a conciliazione, acquiescenza o, comunque, alla rinuncia del contribuente al contenzioso, erano aumentate del 34%, nei primi otto mesi del 2007. Ora la Guardia di Finanza c’informa che, ogni mese, circa il 10% dei rilievi mossi si risolvono con il pagamento di una somma ridotta, a titolo di ammenda. Visto che questi pagamenti effettivi vanno a riempire la piccola percentuale di monete realmente tintinnanti nelle casse pubbliche, ne deriva che, nella grande maggioranza dei casi, l’adesione avviene o quando si tratta di piccole somme, o quando lo sconto rende conveniente la rinuncia al ricorso. Insomma: i grandi evasori non aderiscono, se non al desiderio di tenersi i quattrini.

La cadenza annuale dei trionfi cartacei è alimentata dal desiderio di far vedere quanto si è stati bravi, ma osservo che se gli accertamenti fiscali scoprono, ogni anno, un numero sempre più grande d’evasori questo non dimostra (almeno non solo) che sono fatti meglio, ma che aumenta l’evasione. Non è bello. L’evasione cresce in un mercato in cui diminuisce la regolarità delle transazioni, ed in un Paese in cui evadere il fisco (se possibile) è più conveniente che rispettarlo ed evitare problemi. La prima cosa testimonia del lievitare dell’economia in nero, fatta di piccole prestazioni non regolarizzate così come di interi comparti sommersi.

La seconda racconta la realtà di aliquote insopportabilmente alte e procedimenti incredibilmente lunghi. Sommando il tutto, e mettendo nel conto la consuetudine di condoni fiscali senza riforme tributarie, ne deriva che i contribuenti onesti sono in gran parte quelli che non riescono ad essere disonesti, cui si uniscono quelli che pagano per principio. Meritano un monumento, o, almeno, una targa.

Pubblicato da Libero di mercoledì 23 giugno 2009

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