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Le ingerenze politiche nel settore privato

Il governo e Telecom Italia

Il compito dello Stato è ben diverso. Si occupi piuttosto di giustizia e sicurezza

di Davide Giacalone - 07 novembre 2007

Il governo non riesce a non impicciarsi degli affari di Telecom Italia. Gli autori della peggiore privatizzazione possibile, i responsabili di un enorme impoverimento ai danni dei cittadini, i tifosi di scalate predatorie che hanno inginocchiato l’azienda, non mollano la presa. Il ministro Bersani fa “pressing” sui soci della finanziaria Telco, affinché nominino al più presto i vertici di Telecom. Ed a che titolo se ne occupa, con che responsabilità parla di una società quotata? Dice Bersani che il governo, nel solito interesse del Paese, che poi un giorno ce lo spiega, è “pronto a fare la sua parte”, ma che è difficile se la più grande società non torna ad essere pienamente operativa. Bel modo di ragionare! Il governo faccia quel che deve, ovvero apra il mercato alla concorrenza, lo regoli e lo controlli, ma tolga le mani dalle società private.

Telecom l’hanno rovinata loro, ed ora s’appresta a finire in bocca agli spagnoli. E’ evidente, infatti, che le banche possono essere il supporto per un imprenditore, ma non possono essere le artefici delle telecomunicazioni. Lì dentro gli unici che sanno di cosa si parla sono quelli di Telefonica, quindi l’azienda è loro. Ciò dopo che il governo Prodi ha scatenato una guerra personale contro Tronchetti Provera, costringendolo a mollare. Quest’ultimo ha commesso errori e porcherie, che noi non abbiamo taciuto, attirandoci addosso i tigrotti al suo guinzaglio, e che abbiamo indicato nell’interesse stesso di Telecom. Il governo, all’opposto, usò tutte le difficoltà di Tronchetti per ottenere l’unica cosa che gli interessava: il suo allontanamento. Da quel momento, ed è passato più di un anno, l’azienda non ha più avuto una direzione, mancando di strategia e restando nelle mani dei medesimi che avevano condiviso le responsabilità di Tronchetti. Perché parla oggi, Bersani? Cosa gli prude nello scontro di potere fra banche, mentre un gioiello italiano finisce all’estero per un tozzo di pane?

Il compito dello Stato è ben diverso, e ben diversa dovrebbe essere la dirittura morale del governo. Si occupi della giustizia che va a rilento, del mercato protetto, dei controlli che fanno ridere, dei risparmiatori rapinati, delle gare farlocche. Non saltabecchi da una scalata all’altra, e stia zitto. Di danni ne ha già fatti abbastanza.

Pubblicato su Libero di mercoledì 7 novembre

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