L'ultimo appuntamento in attesa del P.D.
Il Festival dell' addio
Le incognite dei DS tra il realsimo di D'Alema ed i sogni di Veltronidi Elio Di Caprio - 13 luglio 2007
Sta terminando in questi giorni a Roma la Festa dell"Unità, quella della transizione (ultima?) dei DS nel partito democratico, anzi nel Democratic Party, come è annunciato con accenti veltroniani dagli accattivanti cartelloni della festa.
La scorsa settimana è toccato a Massimo D"Alema il difficile compito di ridare una bussola temporanea agli smarriti militanti, a lutto senza un leader o almeno un personaggio di spessore che li rappresenti tutti e sappia mediaticamente dar voce ad una base orgogliosa a cui si può rimproverare tutto, anche di essere fuori dal tempo e di non aver fatto i conti con il passato, ma non di aver perso il dna della superiorità morale rispetto agli avversari. Fino a prova contraria.
Il vero candidato è appena entrato in pista, il buonismo d"acciaio di Walter Veltroni costituisce la segreta speranza per una nuova egemonia da realizzare anche a costo di un annacquamento ulteriore dell"identità. Ma poi è Massimo D"Alema, non Veltroni, il leader di battaglia, quello che intriga di più, il leader che sbaglia e non si pente. Affidarsi alle sue impietose stilettate può dare un provvisorio sollievo alla base del partito, ma viene eluso il problema di fondo di dove si va a parare con un partito democratico già pieno di tante incertezze all"inizio del suo percorso. D"Alema è sempre pronto a scendere sul ring, a reagire e a rintuzzare le “aggressioni” politiche e giornalistiche di chi gli vuole male, ma, passata la buriana, è sempre lui lo stratega che si accomoda al tavolo dei necessari compromessi, di cui pensa di essere maestro. Sbocco quest"ultimo realisticamente necessario specie quando si sa che il fronte opposto - il nostro Ministro degli Esteri in verità lo dice da anni - rappresenta la maggioranza di un Paese che ha sempre diffidato della sinistra di governo, ora più che mai dopo lo spettacolo poco esaltante offerto dalla maggioranza del governo Prodi.
E" difficile far digerire ai militanti l"ennesima svolta presentandosi con una compagine politica che va dall"intramontabile Mastella ai “borghesi” di lungo corso come Dini o Padoa Schioppa, per arrivare ai soliti “compagni che sbagliano”, da Bertinotti a Diliberto. E chi, se non D"Alema può aiutare a passare il guado con le sue doti di cinico realismo di vecchia scuola? Ecco dunque le nuove parole d"ordine a cui tutta la base dovrebbe allinearsi in attesa del verbo di Veltroni : bisogna far parte convintamente della famiglia socialista europea con addentellati che arrivano fino al partito democratico americano, l"opzione atlantica in politica estera è sempre valida purchè si fondi su un approccio multilaterale, l"integrazione europea è un obiettivo di sinistra, la vecchia cinghia di trasmissione con il sindacato-lobby può fare più male che bene e non funziona più per un partito di massa moderno che non voglia farsi condizionare da poteri deboli e forti. Sembra facile voltar pagina almeno a parole, ma il fondato timore della base diessina, già di suo poco convinta, è che il messaggio del partito democratico in cui dovrebbe a breve confluire sia poco convincente e avvincente per allargare lo spazio del consenso. E poi c"è il problema irrisolto e niente affatto secondario della collocazione del PD nel parlamento europeo.
D"Alema può pure ricorrere alle contrapposizioni frontali con il centro destra e alle battute caustiche e sprezzanti sugli avversari. Ma poi mal si concilia la demonizzazione a lungo perseguita di Berlusconi con le caute aperture e concessioni fatte in sott"ordine agli altri leaders del centro destra, da Fini a Casini ( non più Bossi) che pure hanno disciplinatamente sostenuto il governo della scorsa legislatura. Basta questo ad aprire una breccia nel campo avverso? Non si superano le proprie contraddizioni indicando quelle altrui ed i dirigenti diessini ben sanno che i veri problemi li hanno in casa propria con i compagni di governo e di partito. Quale speranza allora additare per il futuro? Che il fronte avversario si scompagini e si faccia male da solo, così come ora capita all"attuale maggioranza di governo? Ma così non si va da nessuna parte. La realtà è che le pulsioni profonde dell"anima italiana, che pure D"Alema dice di capire più di Veltroni, non sono state intercettate da una sinistra che da anni si vanta di essere nel solco della storia fino ad essere capace di prevenire e prevedere gli eventi. Ed ora questa stessa sinistra, come tante volte già successo nella sua storia, sconta i ritardi accumulati, perde pezzi invece di rinsaldarsi, rischia di smarrirsi tra il realismo di D"Alema e i sogni di Veltroni.
I trabocchetti e le insidie nel percorso verso il partito democratico sono apena all"inizio: la finta delle primarie se ha funzionato con un Prodi senza partito e senza carisma, non è detto che vada liscia con Walter Veltroni già segretario dei DS che, fondendosi, non possono non far pesare il loro apporto condizionante. Viene il legittimo dubbio che il progetto di fusione nel PD, già di per sé così poco galvanizzante, possa diventare per la sinistra italiana non già l"approdo finale, ma l"ennesima tappa intermedia di un percorso che non giunge mai a compimento.
Il vero candidato è appena entrato in pista, il buonismo d"acciaio di Walter Veltroni costituisce la segreta speranza per una nuova egemonia da realizzare anche a costo di un annacquamento ulteriore dell"identità. Ma poi è Massimo D"Alema, non Veltroni, il leader di battaglia, quello che intriga di più, il leader che sbaglia e non si pente. Affidarsi alle sue impietose stilettate può dare un provvisorio sollievo alla base del partito, ma viene eluso il problema di fondo di dove si va a parare con un partito democratico già pieno di tante incertezze all"inizio del suo percorso. D"Alema è sempre pronto a scendere sul ring, a reagire e a rintuzzare le “aggressioni” politiche e giornalistiche di chi gli vuole male, ma, passata la buriana, è sempre lui lo stratega che si accomoda al tavolo dei necessari compromessi, di cui pensa di essere maestro. Sbocco quest"ultimo realisticamente necessario specie quando si sa che il fronte opposto - il nostro Ministro degli Esteri in verità lo dice da anni - rappresenta la maggioranza di un Paese che ha sempre diffidato della sinistra di governo, ora più che mai dopo lo spettacolo poco esaltante offerto dalla maggioranza del governo Prodi.
E" difficile far digerire ai militanti l"ennesima svolta presentandosi con una compagine politica che va dall"intramontabile Mastella ai “borghesi” di lungo corso come Dini o Padoa Schioppa, per arrivare ai soliti “compagni che sbagliano”, da Bertinotti a Diliberto. E chi, se non D"Alema può aiutare a passare il guado con le sue doti di cinico realismo di vecchia scuola? Ecco dunque le nuove parole d"ordine a cui tutta la base dovrebbe allinearsi in attesa del verbo di Veltroni : bisogna far parte convintamente della famiglia socialista europea con addentellati che arrivano fino al partito democratico americano, l"opzione atlantica in politica estera è sempre valida purchè si fondi su un approccio multilaterale, l"integrazione europea è un obiettivo di sinistra, la vecchia cinghia di trasmissione con il sindacato-lobby può fare più male che bene e non funziona più per un partito di massa moderno che non voglia farsi condizionare da poteri deboli e forti. Sembra facile voltar pagina almeno a parole, ma il fondato timore della base diessina, già di suo poco convinta, è che il messaggio del partito democratico in cui dovrebbe a breve confluire sia poco convincente e avvincente per allargare lo spazio del consenso. E poi c"è il problema irrisolto e niente affatto secondario della collocazione del PD nel parlamento europeo.
D"Alema può pure ricorrere alle contrapposizioni frontali con il centro destra e alle battute caustiche e sprezzanti sugli avversari. Ma poi mal si concilia la demonizzazione a lungo perseguita di Berlusconi con le caute aperture e concessioni fatte in sott"ordine agli altri leaders del centro destra, da Fini a Casini ( non più Bossi) che pure hanno disciplinatamente sostenuto il governo della scorsa legislatura. Basta questo ad aprire una breccia nel campo avverso? Non si superano le proprie contraddizioni indicando quelle altrui ed i dirigenti diessini ben sanno che i veri problemi li hanno in casa propria con i compagni di governo e di partito. Quale speranza allora additare per il futuro? Che il fronte avversario si scompagini e si faccia male da solo, così come ora capita all"attuale maggioranza di governo? Ma così non si va da nessuna parte. La realtà è che le pulsioni profonde dell"anima italiana, che pure D"Alema dice di capire più di Veltroni, non sono state intercettate da una sinistra che da anni si vanta di essere nel solco della storia fino ad essere capace di prevenire e prevedere gli eventi. Ed ora questa stessa sinistra, come tante volte già successo nella sua storia, sconta i ritardi accumulati, perde pezzi invece di rinsaldarsi, rischia di smarrirsi tra il realismo di D"Alema e i sogni di Veltroni.
I trabocchetti e le insidie nel percorso verso il partito democratico sono apena all"inizio: la finta delle primarie se ha funzionato con un Prodi senza partito e senza carisma, non è detto che vada liscia con Walter Veltroni già segretario dei DS che, fondendosi, non possono non far pesare il loro apporto condizionante. Viene il legittimo dubbio che il progetto di fusione nel PD, già di per sé così poco galvanizzante, possa diventare per la sinistra italiana non già l"approdo finale, ma l"ennesima tappa intermedia di un percorso che non giunge mai a compimento.
L'EDITORIALE
DI TERZA REPUBBLICA
Terza Repubblica è il quotidiano online fondato e diretto da Enrico Cisnetto nato nel 2005 dall'esperienza di Società Aperta con l'obiettivo di creare uno spazio di commento indipendente e fuori dal coro sul contesto politico-economico del paese.