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Un accordo globale

Il fantasma di Tobin

I soldi vanno dove rendono di più e dove sono meno tassati

di Davide Giacalone - 10 gennaio 2012

Se il fantasma di James Tobin si presentasse ai governanti europei il rumore che si sentirebbe non sarebbe quello delle catene trascinate, ma l’ululato di rabbia per il modo in cui è stata distorta la “Tobin tax”. L’idea che i proventi di quella tassazione possano servire ad alimentare la spesa pubblica o diminuire i debiti di questo o quello stato è non solo difforme dall’originale, ma destinata a sicuro insuccesso. A dispetto della fregola tassatoria il mondo va dove lo porta il portafogli. Attorno alla tassazione delle transazioni finanziarie l’Unione europea ha vissuto il suo ennesimo dramma, con annessa rottura da parte inglese. Il fatto è che non solo David Cameron ha ragione, dal suo punto di vista, ma la cosa non funzionerebbe neanche se ci fosse l’unanimità. Per rendersene conto basta osservare la realtà, leggendola con occhiali non ideologici.

A cavallo delle festività sono stati pubblicati diversi articoli, fra il colore e il compiaciuto, nei quali si raccontava il ritorno delle file per far benzina in Svizzera, dato che costa meno. Se, invece, si parla di quanti portano i soldi in svizzera il tono cambia completamente, e si passa alla condanna. A muovere i due eserciti trasfrontalieri è la stessa cosa: la convenienza. Salvo due differenze, significative: a. fare il pieno non è illecito, ma è conveniente solo per chi guida nei paraggi; b. esportare valuta non è lecito, ma la convenienza non si misura con il chilometraggio. La regola è comune: i soldi vanno dove li si tratta meglio. Chi li trasferisce con le valigette non gode di buona stampa, ma se ne trasferiscono tanti anche in modo lecito e trasparente, visto che in Europa ci si fa accesa concorrenza fiscale. Provate a contare quante aziende chiudono in Italia e non riaprono in Cina o in India, ma in Polonia e Austria. Opporre a questi fenomeni la proibizione del doganiere è come cercare di fermare i tifoni atlantici con il mose, che non funziona manco a Venezia.

Veniamo alla finanza e all’anima di Tobin. I mercati finanziari spostano ricchezza per un volume pari a 70 volte il prodotto annuo mondiale. Pensateci: una follia. Nessuno chiede di tornare all’epoca del baratto, scambiando mele contro uova. Ma neanche possiamo restare in un mondo in cui si assume che un chilo di pere vale dieci milioni e un uovo cinque, sicché scambiando un chilo contro due ovi si realizza una transazione da venti milioni. Le cose si sono terribilmente complicate da quando il globo è diventato piccino, il che è successo a partire dal giorno in cui abbiamo smesso di farci la guerra e s’è diffusa la telematica. Due fatti positivi. Bellissimi. Ma che possono essere utilizzati per farci del male. Muovendo denari per 70 volte il pil mondiale, facendolo da ogni dove e 24 ore al giorno, questa roba ha superato la fantasia della Spectre, accumulando un potere largamente superiore, non imbrigliabile da nessuno stato nazionale. A guidarla, poi, non c’è un Tizio che liscia il micio, ma migliaia di Caio e Sempronio anonimi che se ne stanno dietro i computers, a far da protesi umana del programma che guida acquisti e vendite. Nel 1795 Immanuel Kant scrisse della necessità del governo mondiale per porre fine alle guerre, vivesse oggi proporrebbe la stessa cosa, ma per regolare la finanza.

L’idea di Tobin, premio nobel per l’economia, è tassare le transazioni a breve e in valuta straniera, in modo da stabilizzare i mercati. Solo che è stata fatta nel 1972 e si riferiva al mondo post Bretton Woods, quando Nixon liberò il dollaro dall’essere la valuta stabile, cui gli altri avevano il dovere di riferirsi. Quel mondo lì e il nostro non hanno nulla in comune. Ma, comunque, Tobin pensava, correttamente, a un accordo globale, con proventi da mettere a disposizione della comunità internazionale. Se si tassano le transazioni solo in un’area del mondo, in questo caso l’Ue, si ottiene il risultato di vederle migrare da un’altra parte, in virtù del principio che i soldi vanno dove rendono di più e sono meno tassati. Cameron, che guida il Paese dove si trova la piazza di Londra, ha già detto che non se ne parla nemmeno. Ma ove anche cedesse (e non lo farà) il risultato non sarebbe maggiore gettito, ma più veloce transumanza dei quattrini, alla ricerca di verdi pascoli.

Imbrigliare i mercati finanziari è necessario, ma gli strumenti non possono che essere diversi e globali. Tutto questo per dire, quindi, che i governanti europei sono miopi e piccini, affetti da statolatria fiscocentrica, quindi destinati a prender sganassoni dagli statunitensi, che esportano la loro crisi, e lezioni di mercato dagli asiatici, che importano i nostri soldi. Speriamo il fantasma di Tobin (defunto nel 2002) visiti le loro notti.

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