ultimora
Public Policy

Anche da sinistra si invocano nuovi assetti costituzionali

Il fallimento bipolare

Le riforme affidate ad una mediocre classe politica

di Elio Di Caprio - 08 aprile 2011

Sentire da qualificati esponenti della cosiddetta sinistra tradizionale come Michele Salvati –ma ormai è tutto “cosiddetto”, dalla cosiddetta sinistra alla destra, dalla cosiddetta prima alla seconda repubblica- analisi concordanti o coincidenti sul bilancio negativo che ci ha regalato finora il bipolarismo (questo bipolarismo) inaugurato in Italia nel 1993 fa un certo effetto se poi l’analisi è associata all’unica soluzione ritenuta possibile per invertire un declino che è diventato insieme istituzionale ed economico: occorre una revisione costituzionale che ridisegni l’equilibrio dei poteri stravolto da una prassi deteriore consentita dallo stesso testo costituzionale attuale.

Sembra questo l’ennesimo escamotage a futura memoria per coloro che vedono precluse le ordinarie vie d’uscita da una crisi che sta allontanando sempre di più il cosiddetto Paese reale da una cricca che recita a soggetto per i propri fini di potere, ma Michele Salvati già convinto sostenitore del progetto del PD va oltre e sul “Corriere della sera” indica il difetto originario dell’attuale sistema nel non aver voluto riformare una Costituzione nata in altri tempi, adatta più a regolare la vecchia democrazia dei partiti che non l’attuale confusa “democrazia del pubblico” dove il consenso si forma al di là dell’intermediazione dei partiti.

Come dargli torto quando ricorda i danni della riforma federalista del Titolo V della Costituzione e i danni che si potrebbero aggiungere con un’altra riforma costituzionale parziale, quella della giustizia, senza una visione globale o un’idea radicata del nuovo equilibrio dei poteri a cui si vorrebbe arrivare? Risulta chiaro a tutti gli analisti dotati di buon senso che qualcosa bisogna pur fare per riproporre il problema di una revisione costituzionale della forma di governo, come dice Salvati, da molti anni abbandonata per sfiducia nella sua praticabilità. La legge elettorale bipolare con uno sproporzionato premio di maggioranza destinato alla lista vincente ha dal suo canto ancora più acuito il problema di una apparente “democrazia del pubblico” dove di pubblico c’è solo la passività, l’impotenza e la rassegnazione a vederci rappresentati dai vari Scilipoti, Romano e Barbareschi. E’ questa la mediocre elite emersa dalla rissa continua del nostro bipolarismo.

Potremmo mai lasciare a tali esponenti il compito di una profonda riforma costituzionale? E’ questo il punto più alto della crisi che ci impedisce di rompere il circolo vizioso in cui ci siamo cacciati. Nessuno ha una soluzione a portata di mano, ma almeno si riconosce da più parti che il problema esiste e si aggrava sempre di più . Come ha dichiarato recentemente Emma Bonino bisognerebbe smantellare 60 anni di partitocrazia e di svilimento della legalità.

E’ un arco di tempo che comprende fasti e nefasti di Prima e Seconda Repubblica, un periodo in cui le prepotenze di partito non sono state arginate né dalla prassi politica, né dai radicali e tanto meno dalle disposizioni della Costituzione.

Ma anche qui è emblematico il destino della pattuglia dei radicali che si è sempre vantata di essere all’opposizione del sistema dei partiti. Ci siamo accorti con tristezza che gli stessi radicali o ex radicali addestrati da decenni alla scuola di Marco Pannella e di Emma Bonino, sono stati i primi ed i più abili a riciclarsi nell’attuale bipolarismo armato, hanno messo il loro piglio libertario al servizio di fazioni e di interessi di parte, sembra che abbiano criticato la partitocrazia per poter adattarvisi meglio nel tempo del berlusconismo trionfante.

Anche essi, i radicali, sono diventati cosiddetti, inermi e alla fine partecipi dell’avvitarsi di un sistema partitocratico che andrebbe smantellato assieme al bipolarismo all’italiana da esso stesso prodotto. Il bilancio della “Seconda Repubblica” è anche questo.

Social feed




documenti

Test

chi siamo

Terza Repubblica è il quotidiano online fondato e diretto da Enrico Cisnetto nato nel 2005 dall'esperienza di Società Aperta con l'obiettivo di creare uno spazio di commento indipendente e fuori dal coro sul contesto politico-economico del paese.