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Gli annunci pubblici e le aperture ai sindacati

Il Dr. Jeckyll e Mr. Hide del governo

La strategia bicefala del ministro della Funzione Pubblica Renato Brunetta

di Enrico Cisnetto - 16 giugno 2008

Renato Brunetta è, insieme a Maurizio Sacconi e Claudio Scajola, una delle sorprese più positive di questo governo. Non si sa se sia un piano di comunicazione perfettamente congegnato o se sia un fenomeno casuale, ma è evidente che su questa strategia delle “tre punte” si concentra l’azione dei primi mesi di governo. Strategia caratterizzata da una ventata di decisionismo che piace molto, anche a chi questa maggioranza non l’ha votata (come dimostra un recente sondaggio di Repubblica, un giornale non certo amico). In particolare Brunetta, negli ultimi tempi, è diventato la creatura preferita dei media. Forse per la sua strategia da “dottor Jeckyll e Mr. Hide”.

Da una parte, infatti, assistiamo ad una politica “delle cannoniere”, con annunci di inusitata forza contro un mondo cristallizzato come quello della pubblica amministrazione (“via i fannulloni”, “in galera gli assenteisti”). Annunci che hanno creato un clima nuovo nel Paese, e che hanno permesso avvenimenti fino a qualche tempo fa impensabili come quello di Milano, dove il neo presidente dell’Atm, Elio Catania, ha licenziato in tronco nove dipendenti nullafacenti (tra questi, uno costruiva cucce per cani, l’altro si ubriacava in un bar in orario di lavoro: sic).

D’altra parte, però, il Brunetta degli annunci pubblici cede il posto, quando si tratta di andare ai fatti, a un Brunetta molto più soft: con aperture non indifferenti al mondo sindacale (come la rassicurazione di un impegno a trovare le risorse per il rinnovo contrattuale), con la volontà di dialogo con l’opposizione (invitata ad affrontare insieme la riforma del pubblico impiego); soprattutto con la decisione di congelare il “blitz”, quello che prevedeva di anticipare le misure più sanguinose sulla PA in un decreto legge. Il provvedimento d’urgenza, infatti, è stato messo nel cassetto, e la strada scelta è stata quella della riforma graduale. Brunetta ha deciso quindi di lasciare spazio ad un confronto costruttivo col sindacato, che dovrebbe tradursi in un’agenda di incontri e step progressivi, per riformare in più fasi la pubblica amministrazione. Tutto questo scegliendo lo strumento iniziale di un provvedimento “morbido”, ossia un disegno di legge delega, che, seppur caratterizzato da alcune misure ad effetto (licenziamento facile, reato di truffa aggravata per i certificati medici fasulli) non ha quel carattere di urgenza che ne amplificava la violenza.

Insomma, una strategia bicefala quella di Brunetta, che sembra funzionare. Da una parte c’è la pars destruens: di cui fa parte il colpo di clava della pubblicazione online delle consulenze d’oro (che scandalo!), e il ricorso al concetto di pazzia – tanto caro al Cavaliere – alla Erasmo da Rotterdam: “o riesco nel mio intento o me ne vado entro l’anno”; “voglio introdurre l’idea un po’ matta della class action nel settore pubblico”; “non posso dire, perché sono ministro, che la Pubblica Amministrazione in Italia fa schifo, ma lo penso”. Poi la pars construens dei provvedimenti reali, molto più calibrati nella sostanza di quanto la fama di Brunetta potesse far sperare (con l’apertura ai sindacati e all’opposizione).

Resta però il dubbio che la politica brunettiana finisca per essere più diretta a falcidiare la parte “patologica” delle storture pubbliche (assenteismo, falsi certificati, eccetera), mentre è chiaro che il problema della corruzione e dell’assenteismo è solo la punta dell’iceberg: la pesantezza e l’elefantiasi del carrozzone pubblico derivano semmai dai problemi fisiologici, in particolare le duplicazioni infinite delle strutture e del personale, derivate in gran parte dalle mostruosità delle modifiche al titolo V della Costituzione, che hanno portato alla moltiplicazione dei diritti di veto e dei piani di “in-decisione”. Ma questo, Brunetta sembra averlo compreso: è stato lui stesso a ricordare che quello della burocrazia è un peso insostenibile. E a prendere atto che se l’Italia avesse la stessa efficienza della Pubblica Amministrazione di alcuni paesi del Nord Europa la crescita del pil potrebbe aumentare del 30%. Così, la sua road map va avanti di conseguenza: nel “piano industriale”, il ministro prevede infatti l’introduzione di nuove regole per la contrattazione collettiva, la regolamentazione dell’organizzazione del lavoro, del sistema di valutazione del personale, e di tutto il regime della responsabilità saranno demandati alla disciplina legislativa.

Un decreto legislativo disciplinerà inoltre il sistema di valutazione delle strutture e del personale: ogni amministrazione predisporrà ogni anno un sistema di indicatori di produttività e di misuratori del rendimento e agli organi di controllo avranno piena autonomia nella valutazione, che si estenderà a tutto il personale dipendente. Un ulteriore decreto introdurrà incentivi alla produttività e alla qualità delle prestazioni. Un piano ben congegnato, insomma, che punta sulla lunga distanza; che corre parallelo a quello dei tagli di spesa previsti dal governo nei prossimi tre anni (che a loro volta rispondono ai rimproveri della Ue arrivati negli ultimi giorni). Staremo a vedere. Certo, anche se gli annunci versione Mr. Hide sono più eccitanti delle misure reali del dr. Jeckyll, bisogna dare atto al ministro bicefalo Brunetta di avere del coraggio. Per addentrarsi nelle acque melmose della pubblica amministrazione italiana bisogna avere davvero una sana dose di follia.

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