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Tutti i dittatori sono “carogne differenti”

Il carnefice compagno

Il male comune delle dittature consiste nella convinzione di intuire quale sia il bene comune

di Davide Giacalone - 31 ottobre 2007

Pol Pot ed Hitler, Auschwitz ed i campi cambogiani non sono la stessa cosa. Si possono capire ed apprezzare le parole di Veltroni, ma solo perché partono da un punto di vista malato: egli ha fatto parte e si rivolge ad un mondo che ha negato i crimini del comunismo. Sono passati quasi venti anni dal crollo dell’Unione Sovietica, questi ragazzi farebbero bene ad accelerare un po’ il passo. Se, allora, voleva dire che i crimini contro l’umanità sono sempre e parimenti esecrabili, ha ragione. Ma per tutto il resto le sue parole sono ancora largamente reticenti. Veltroni deve mettersi in testa che non serve a nulla comunicarci che si sentiva avversario di Breznev fin da piccolo, giacché è vissuto in un partito che si reggeva in piedi grazie ai soldi di quel signore. E deve capire che i crimini del comunismo, gli stermini di massa, le deportazioni ed i campi di concentramento sono noti da moltissimi anni e, al contrario della Shoah, niente affatto notizie riservate per le cancellerie.

Fa piacere sapere che, dopo aver visto delle fotografie (?!), ci si rende conto di quegli orrori, ma non sarebbe male sentire anche qualche parola di scuse, se non altro per la moscia scarsezza di riflessi. Così come sarebbe interessante sentire qualche riflessione sul presente, e non solo sui massacri del passato: Cuba è un gelido lager tropicale, un campo di concentramento a cielo aperto, un popolo ridotto in miseria dal comunismo castrista. Si può sentire qualche cosa oggi, o ci tocca aspettare venti anni dalla morte, sempre tardiva, del dittatore? Non c’è dubbio che Pol Pot fa parte del quartetto (con Hitler, Mao e Stalin) dei provetti sterminatori, ma sarà il caso di ricordare che la popolarità dei suoi Khmer Rossi derivava dall’essere in guerra contro gli Stati Uniti, che allora (1970) cercavano in Cambogia i Viet Cong. Quanti secoli occorrerà attendere prima che il Veltroni di turno, con aria pensosa, dica: sapete, l’ho sempre detto, in cuor mio, gli americani avevano ragione e la loro sconfitta regalò a quei popoli fame ed oppressione. Solo la negazione di ieri consente di pensare ad impossibili eguaglianze. L’unica cosa che le dittature hanno sempre in comune è l’idea che il bene comune sia intuito da pochi e vada imposto agli altri. Per il resto, trattasi di carogne differenti.

Pubblicato su Libero di mercoledì 31 ottobre

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