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Fenomenologia del bullismo italiano

Il bullismo è figlio del declino

Assenza di gerarchia e familismo amorale si arrestano solo con il senso di responsabilità

di Davide Giacalone - 02 aprile 2007

Mettendo in tandem i telefoni cellulari con le videocamere incorporate e la rete internet si è data al “bullismo” una capacità enorme di proiezione ed esibizione. A questo s’aggiunga la continua necessità che l’informazione spettacolo ha d’inventare fenomeni nuovi e si ottiene un dibattito strano, dove i giovani studenti di cui più si parla sono quelli che prendono a calci i disabili, si spogliano in modo esibizionistico o umiliano i docenti. Sarà bene, quindi, come prima cosa, ribadire che si tratta di una minoranza e che la gran parte dei giovani studenti studiano senza fare notizia. Ma non possiamo fermarci qui, perché si tratta di una minoranza rivelatrice di un sentimento assai più diffuso, e pericoloso.

Un tempo il “ricevimento dei genitori” era vissuto con una certa trepidazione. Se il tal professore avesse detto che ci si comporta male si poteva star sicuri che il padre o la madre, al rientro a casa, avrebbero rincarato la dose, dando dello scriteriato al pargolo discolo, se non anche punendolo con delle privazioni. Ora il rapporto s’è ribaltato e capita di frequente di veder genitori che accalorandosi perorano la causa dei figli. Il capovolgimento logico descrive bene il tipo di rapporto sociale: difendo mio figlio dall’insegnante che dà brutti voti o sospende, perché sono convinto che lo faccia in quanto “prevenuto”, se non addirittura invidioso della sua bellezza, giovinezza, sicurezza e ricchezza. La famiglia rinuncia ad insegnare la gerarchia, i padri diventano amici e le madri complici, il resto della società, dai professori che evidenziano gli studi condotti male ai poliziotti che fermano i ragazzi senza casco, sono i “nemici”. E’ questa l’essenza del familismo amorale.

La gerarchia diventa sopruso ed al primo posto dei valori si pone il godimento del giovane virgulto cui, per carità, deve essere risparmiata ogni forma di sofferenza. Prende un cattivo voto? Non si vorrà mica proibirgli il sabato sera (che poi e notte quando non l’alba), poverino. Lo bocciano? Mica gli impediremo di godersi le vacanze, che al meschinello toccherà anche ripetere l’anno. Guardo questi spettacoli e penso al giovane slavo, magari figlio di ragazza madre, che studia come un pazzo, ha una voglia disperata di riscatto sociale e quando incontrerà le nostre amebe sul mercato le macinerà via in un soffio.

La scuola, in questa logica invertita, è il percorso che porta al titolo di studio, non il luogo ove s’apprende qualche cosa di utile. Il che poi è anche in parte vero, perché le nostre scuole sono ancora accettabili, ma le università fanno pena. Messe così le cose ogni ostacolo è un ritardo inutile, ed ogni apprendimento una fisima del professore frustrato e mal pagato. Meccanismo perfetto per produrre ignoranti diplomati e laureati, che saranno incapaci di lavorare ma che, grazie alla denatalità, camperanno di rendita dilapidando il patrimonio accumulato dalla famiglia che li ha così lucidamente difesi dal mercato. Ogni volta che un nodo verrà al pettine sentirete questa vasta comunità di smidollati parlare delle colpe della società, del sistema, del nostro mondo e così via deresponzabilizzando e deresponsabilizzandosi.

I “bulli” sono e restano una minoranza, ma questi sentimenti s’allargano insozzando molte famiglie. Per fermare la macchina del declino morale e materiale occorre tornare al senso di responsabilità, con genitori che puniscono, professori che bocciano e ragazzi che si ribellano, imparando a diventare adulti. Non ci sarà una società di bulli, ma anche una d’eterni bambini, viziati ed irresponsabili, è da considerarsi un incubo.

www.davidegiacalone.it

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