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Riprendiamo l’iniziativa politica, e in fretta

Il Belpaese rischia di ballare il flamenco

Puntare alle riforme strutturali è l’unico modo sensato di guardare con ottimismo al futuro

di Davide Giacalone - 14 maggio 2010

Non balliamo il sirtaki, ma già si sentono vicine le nacchere del flamenco. Gli spagnoli tagliano del 5% gli stipendi dei dipendenti pubblici, bloccando gli altri e le pensioni. Hanno un debito pubblico che, in rapporto al prodotto interno, è di poco superiore alla metà del nostro, ma scontando un deficit doppio, che risente dei soldi spesi per fronteggiare la crisi, mentre noi mostravamo al mondo il braccino corto. Anche in Italia, oramai, si ragiona esplicitamente di blocco degli aumenti per i dipendenti pubblici e tagli alla spesa. In quanto alla diminuzione della pressione fiscale, ce la possiamo scordare.

Ho fatto osservare che il nostro è l’unico governo europeo che non ha perso le elezioni, ma ciò non significa che possa non fare i conti con la realtà. Anzi, alla prova dei fatti, sembra quello che, per varie ragioni, subisce con maggiore passività il commissariamento indotto dalla crisi. Manca l’iniziativa politica, manca lucidità di visione e manca la capacità di parlare agli italiani con chiarezza, delle difficoltà come delle opportunità. L’Italia ha un corpo forte, ma è il suo sistema nervoso, il suo sistema politico, a mostrarsi debole.

Del resto, che volete? Nella maggioranza ci sono sempre più evidenti divisioni, con una frattura che passa sul nulla assoluto della libertà di dissenso. Gente che sta assieme da tre lustri scopre che si deve poter dire quel che si pensa. Già, ma cosa pensa, e non pensava, prima? L’opposizione non è da meno, dividendosi con non minore lussuria e con non maggiore consapevolezza della realtà. Non sapendo come altro occupare il tempo hanno scoperto che anche il nucleare può essere un tema su cui darsi reciprocamente dello scemo. Tanto, da noi, il nucleare non è una fonte d’energia, ma di dibattito. Anziché denunciare i ritardi del governo, si scucuzzano fra di loro. Nel frattempo il loro imprenditore di riferimento, Carlo De Benedetti, li bolla tutti come incapaci, non solo di far politica, ma direttamente di fare qualsiasi cosa. A fronte di ciò, con tutto il rispetto per gli ex democristiani che si agitano, è difficile credere che la soluzione sia in un’intesa generale, in nome dell’emergenza economica e della salvezza nazionale. Zero più zero fa sempre zero. E anche zero al cubo non dà un risultato diverso.

Sullo sfondo c’è una classe politica che compra case a sconto e le fa ristrutturare dalla stessa ditta che usano i servizi segreti e il capo della polizia. Claudio Scajola ci ha rimesso il posto, e se si decidesse a tacere (quello di cui ora s’accorge lo avevamo scritto il primo giorno) renderebbe meno complicato il lavoro dei suoi avvocati. Lo scenario non è quello di Tangentopoli, perché non è in discussione il finanziamento della politica, ma, semmai, quello dei politici. Quindi stiano attenti, perché non tutti gli italiani conoscevano realtà e bisogni dei vecchi partiti, ma tutti sanno che il valore catastale di un appartamento è diverso da quello commerciale, in molti hanno versato la differenza in nero, ma nessuno ha mai sostenuto che quei soldi gli fossero giunti dal cielo e a sua insaputa. Tutti gli italiani sanno che certi lavori di ristrutturazione necessitano di permessi, sicché devono esserci delle fatture “regolarmente pagate”, ma sanno anche che quelle fatture non fotografano il valore reale dei lavori.

Sanno, però, che una cosa è evadere l’iva, altra ricevere regali, che non sono mai disinteressati. Mai. Stiano attenti, perché se lasciano la faccenda nelle mani della magistratura, se non mostrano una capacità autonoma di reazione, e se a questo sommano richieste d’impunità, si troveranno non (come un tempo) con la rivolta contro il sistema, ma direttamente contro i sistemati. E sarà un passo ulteriore verso l’inciviltà. Si tratta, allora, di riprendere l’iniziativa politica, e in fretta. Lasciamo perdere quel che accade in Grecia, e che il cielo ce ne salvi.

Ma della Spagna abbiamo detto, in Francia si apprestano a tagliare le spese del welfare state (10% in tre anni), in Germania hanno archiviato il taglio delle tasse, che pure è la piattaforma elettorale dei liberaldemocratici, in Gran Bretagna si accingono a governare il rigore. Il punto decisivo, in ciascun Paese, è il medesimo: se ti lasci guidare la mano dalla crisi pratichi tagli lineari, che mirano esclusivamente a comprimere la spesa e ridurre il deficit, se, invece, hai qualche cosa in testa, approfitti della crisi per tagliare quel che non ti serve e favorire l’avvicinamento ad un nuovo modello di welfare. Esempio concreto: noi non abbiamo solo bisogno di tagliare la spesa sanitaria, abbiamo l’urgenza di metterla sotto controllo e cancellare gli immani sprechi indotti dalla spartizione della gestione. Ci servono i tagli, ma ci servono anche, e ancor prima, le riforme.

Quando pestavamo i piedi e le reclamavamo, invocando la crisi come strumento per propiziarle, ci dicevano di star zitti, perché non era quello il momento. S’è perso tempo, non perdiamone ancora. Puntare alle riforme strutturali è l’unico modo sensato di guardare con ottimismo al futuro.

Pubblicato da Libero

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