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L'onda lunga della crisi del bipolarismo

I rischi di smarcarsi da Berlusconi

Ed ora la palla torna a Fini e a Allenaza Nazionale

di Elio Di Caprio - 30 luglio 2007

E" vero che la storia non si ripete, ma non basta ciò a rassicurarci per il futuro. Nella storia italiana, tutta particolare, sono passati e si sono estinti fascismo (che però i natali li ha avuti in Italia), comunismo, socialismo e democrazia cristiana, gli ultimi tre in rapida successione nonostante le apparenze contrarie. Quasi un secolo di storia andata in fumo. Ma il bello della storia che non si ripete appare meno bello quando si devono fare i conti con le passioni sedimentate, le aspettative non corrisposte, le illusioni fideistiche troppo a lungo coltivate. In tempi di globalizzazione crescente che riduce gli spazi degli Stati nazionali chi sarebbe nelle migliori condizioni dell"Italia per adattarsi al nuovo e (ri)partire avendo fatto tabula rasa dei vecchi partiti ed aprirsi pragmaticamente al futuro senza il peso dei condizionamenti passati? E invece no.

Abbiamo ancora i vecchi comunisti, ora riciclati in più formazioni, che si pongono il problema esistenziale se valga la pena sedersi nel Parlamento europeo accanto agli ex compagni socialisti detestati per un secolo e più. Sull"altro fronte AN, erede dell"ex MSI ghettizzato, si spacca sul problema identitario quando si tratta di decidere se confluire o meno nell"altra grande ammucchiata del Partito Popolare Europeo, a cui fanno capo gli ex democristiani che per quaranta anni e più li ha discriminati con la pregiudiziale antifascista sempre pronta.

Con tali contraddizioni si capisce meglio perchè il pronto soccorso di guide taumaturgiche, o presunte tali, è sempre dietro l"angolo, qualche volta invocato, se non altro per rassicurare la grande maggioranza degli italiani che le battaglie ideologiche sono finite ed i problemi da risolvere sono ben altri. Si è creata perciò una curiosa corsa all" “uomo forte” di centro che però nell"attuale situazione di barcollante bipolarismo rischierebbe solo di condurre in porto un altro tratto della transizione infinita senza che si venga a capo del problema della governabilità complessiva e degli strumenti per realizzarla. Il primo che si è messo alla prova, e con successo personale, è stato Silvio Berlusconi che ha surclassato il suo amico-sostenitore di un tempo, Bettino Craxi, ottenendo in men che non si dica il potere in prima persona e andando sui libri di storia più e meglio dell"ex segretario socialista. A tal fine il “destro” Berlsuconi si è dovuto alleare e fare alleare la Lega “antinazionale” con la destra “nazionale” rientrata nel circuito della credibilità grazie a Tangentopoli.

E" l"ultima espressione di un machiavellismo all"italiana che ancora dura nonostante tutto. Ora ci prova e proverà ancora Walter Veltroni, già da tempo allenato nella corsa al centro per annacquare ed unire quanto più possibile a sinistra. Con tutta probabilità si rimetterà in qualche modo in lizza anche Gianfranco Fini, che da tempo perde pezzi a destra ed ora si è svegliato e non è più strategicamente pronto a dare il suo contributo “disinteressato” alla CDL. Non si sa se la candidatura di Veltroni a capo del Partito Democratico sia l"antidoto più indovinato per contrastare il Berlusconi che non tramonta o se è proprio la discesa in campo di Veltroni a cambiare le carte in tavola e a richiedere un"altra investitura a destra, che non sia quella di Berlusconi. E" quanto Fini spera.

Ma il Presidente di AN che negli anni passati ha tratto il massimo profitto dai suoi stessi errori è costretto ora a fare i conti con le conseguenze di un bipolarismo raccogliticcio che ha fatto il suo tempo. Non per nulla si è impegnato solitariamente nel referendum per la legge elettorale. Non può più sbagliare, altrimenti la sua corsa si interromperà bruscamente. Questo lo sa lui e la classe dirigente del suo partito. Bisogna uscire allo scoperto e non è più il tempo di vivere di rendita sugli errori degli avversari. Non è un caso che i segnali di crisi di un partito di radicate e misconosciute tradizioni come AN, che però non è stato mai egemone come il vecchio PCI, si sommino a quelli che accompagnano la nascita del Partito Democratico sul versante del centrosinistra. Dice lo sfiduciato ex comunista Emanuele Macaluso a proposito del Partito Democratico : “Colpisce non poco nel dibattito sul PD la lontananza tra ciò che viene detto o scritto sui giornali o in televisione, e la realtà come si manifesta nei partiti oggi. Essi sono macchine di consenso senz"anima incapaci di produrre una riflessione vera, di esprimere una cultura politica che incida in profondità nella vita del Paese e di formare una nuova leva di dirigenti che si appassioni al tema del futuro dell"Italia”.

Se si sostituisce alla sigla del PD quella di AN si ottiene il medesimo spaccato. In pratica senza un"armatura ideale se non ideologica e senza un vissuto comune di lotte, di tensioni e di aspirazioni collettive non si produce passione e senza passione non si costruisce nulla. Nell"Italia bipolare si rischia di fare tante fusioni fredde, a sinistra come a destra. Cosa si fa se i capi decidono e il popolo non segue? Non se ne esce che con un convinto rinnovamento delle classi dirigenti che sappiano dimostrare che il passato è passato, non perchè lo si dice, ma perchè si è capaci di fare politica in un altro modo. E" quello che è mancato negli ultimi 15 anni e ancora mancherà se non si avrà il coraggio di cambiare le regole di funzionamento del quadro istituzionale complessivo.

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