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Giustizia: colpevole di non condannare

I paradossi delle procure italiane

Complici dello scempio, oltre alla politica, sono le cattedre universitarie

di Davide Giacalone - 04 marzo 2008

Non si è colpevoli perché figli di un mafioso. Non si è colpevoli fino a quando una sentenza definitiva non lo stabilisce. Non si è colpevoli perché lo decreta la voce popolare. Si è colpevoli, invece, se non si riesce, in sei anni, ad emettere una sentenza definitiva di condanna nei confronti di un criminale associato alla mafia.

Si è colpevoli se si redigono sentenze che poi la cassazione deve cancellare perché non motivate, non coerenti e razionali, o semplicemente campate per aria. Si è colpevoli quando si amministra la giustizia del Paese più condannato per violazione dei diritti umani, fra quelli del Consiglio d’Europa. Quindi: il figlio del boss, e forse boss egli stesso, esce dal carcere da presunto innocente, mentre nei tribunali resta una giustizia sicuramente colpevole. I giornali pubblicano con orgoglio la voce di alcuni giovani corleonesi: qui non ce lo vogliamo. Un ostracizzato per ragioni di discendenza? Ancora un passo, verso l’inciviltà.

Le nostre procure continuano ad avere troppo potere nella fase delle indagini, troppa influenza nel processo, troppa colleganza con i giudici, troppa possibilità di trasformare in prescrizioni quelle che sarebbero loro sconfitte processuali. Le difese si sono messe al vento, così, se proprio l’imputato non è un eroe, ci si associa nel perdere tempo lasciando che s’estingua la giustizia. Nei tribunali, intanto si lavora poco e male. Per pigrizia, incapacità ed anche perché si cambiano in continuazione, e senza coerenza, le regole processuali. Su tutto si sparge il protagonismo mediatico di alcuni e l’ignavia dei più. Ed addio giustizia.

Complici dello scempio sono le cattedre universitarie, dove siedono tanti che parlano per avere e senza sapere. Lo sono intellettuali che s’indignano ad intermittenza, coscienze a tassametro del doppiopesismo. Lo è una politica colma di profittatori, ignoranti e colpevoli che si nascondono. Capace di scrivere programmi che segnano il trionfo della tautologia. Tutti assieme hanno bandito la cultura del diritto ed il valore della legge, regalandoci a piene mani un moralismo senza etica e senza anima, capace di trasformare i più zozzi in tribuni. Sono quelli che a chi reclama sicurezza offrono l’idea della galera senza giustizia, ma non spiegano che ci fanno i colpevoli in libertà.

Pubblicato su Libero di martedì 4 marzo

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