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Va evitata l’intrusione in affari privati

I Pacs e le questioni da chiarire

L’equiparazione al matrimonio è ridicola. Ciascuno deve potere disporre dei propri beni

di Davide Giacalone - 29 gennaio 2007

Non c’è niente di peggio delle baruffe su questioni nominalistiche, dove si alzano i toni della voce diminuendo di pari passo la chiarezza delle rispettive posizioni. E’ quel che sta succedendo con i pacs. S’agitano anche bandiere che non c’entrano nulla. Non c’entra nulla, ad esempio, la liceità dei rapporti omosessuali o quelli delle coppie etero che vivono senza essere sposate. In Italia è già tutto lecito, e ci mancherebbe altro, non esiste alcuna forma di discriminazione legale degli omosessuali e non si deve confondere il pregiudizio di alcuni con quel che nel diritto non c’è, e non ci deve essere. Al lato opposto della barricata, del resto, è quasi ridicolo che si reclami un’equiparazione dei pacs al matrimonio, perché quel passaggio non ha nulla a che vedere con le fedi religiose o i valori del tradizionalismo, ma si trasformerebbe in un passo indietro.

Parliamo delle copie etero. Vivono assieme e non intendono sposarsi, ed avranno le loro brave ragioni (culturali, pratiche, per pigrizia, affari loro). Se mettono al mondo dei figli quelli sono tutelati dalla legge, ed è giusto che sia così. Se non lo fanno e vogliono separarsi non hanno che da salutarsi, o mandarsi a quel paese, a secondo dei casi, e sono sempre affari loro. Se arriva il falso libertario di turno ed equipara la loro situazione ad un matrimonio non fa che diminuire la loro libertà. Non mi pare ragionevole. Si dirà: ma quelli hanno sempre il diritto di non registrarsi. E che bellezza: avremo gli sposati, i conviventi dichiarati ed i conviventi non dichiarati. Che questo sia un progresso dei diritti civili mi pare una bella cretinata. Gli etero possono sposarsi o no, affari loro, scelte loro. Se uno mi viene a dire che è contro i vincoli del matrimonio, ma vuole la pensione di reversibilità mi viene a mente che questi sono i guasti dell’aver cresciuto dei viziati, incapaci financo di capire quali egoismi passano loro per la testa, quale tristezza sia voler fare gli alternativi, salvo mettere la propria sopravvivenza a carico della collettività.

Parliamo delle coppie omosessuali. Sono anch’esse libere di far quel che credono (belle le parole di Paolo Poli, che proporrei di non dimenticare), ma non possono sposarsi. Dal punto di vista della prole non ne hanno bisogno, per naturalissime ragioni. Ma a quel punto si pone il problema dei rapporti fra i due, specie quando entrano in gioco soggetti terzi, che possono essere istituzioni od eredi o altri ancora. Questo è quel che si deve disciplinare.

Se convivo con una persona (omo od eterosessuale, non cambia) ho anche il diritto di lasciargli in eredità quel che la legge stabilisce essere destinato ad un coniuge, fermi restando i diritti d’eventuali figli. Se ricoverano il mio partner devo poterlo visitare, così come anche nel malaugurato caso lo arrestino. Insomma, ciascuno deve potere disporre dei propri beni e del proprio tempo, senza essere menomato se la persona cui intende indirizzarli non sia un coniuge. Ho qualche dubbio in più quando si vuol disporre di benefici economici che non ci appartengono direttamente, e mi riferisco, ad esempio, alla pensione. Due singoli che fanno una coppia sono cosa diversa da due singoli che formano una famiglia, facendo i primi un investimento meno proiettato nel futuro. Perché si dovrebbe supporre che l’altro debba essere mantenuto a carico della previdenza, per il solo essere stato compagno del defunto pensionato? Il voler far valere questo strano diritto porta con sé una fastidiosa intrusione della legge in affari privati, a cominciare da quanto tempo i due hanno realmente passato insieme. Intrusioni a quel punto necessarie, se si vuol evitare che i giovani facciano coppia con i vecchi a scopi pensionistici, così come a Cuba sposano i vecchi e le vecchie che hanno un appartamento, per ottenere il diritto di restarci. E la citazione cubana serve a chiarire che le vie del totalitarismo sono infinite, e non sempre voler regolare per legge è sinonimo di lasciar liberi gli individui.

Davide Giacalone

www.davidegiacalone.it

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