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Public Policy

Come uscire dall’immobilità rissosa?

I mezzi ed i Fini

La vera sfida è smettere di difendere le corporazioni

di Davide Giacalone - 11 dicembre 2007

Non si può dire che lo scontro sia simulato, nel centro destra. E se c’è un elettorato che spera nell’unità, ci sono anche militanti e dirigenti che tornano ad investire sulla propria identità e diversità. Cosa analoga succede a sinistra, e ciò dimostra che si tratta di un processo politico, non di bizze. Ma restiamo al centro destra. Le probabili ragioni personali sono state impietosamente scandagliate da Vittorio Feltri. Impossibile aggiungere altro. Speriamo non eclissino l’ottimo lavoro fatto da Gianfranco Fini. Già, perché egli è riuscito ad archiviare e condannare un passato improponibile, con determinazione e chiarezza sconosciute a sinistra. Non solo Alleanza Nazionale è cosa diversa dal mero contenitore di quel che rimase del Movimento Sociale, ma s’annuncia un ulteriore passo, benefico. Noi, però, in Italia, avevamo due problemi paralleli: chiudere le piaghe ideologiche del secolo scorso, con fascisti e comunisti accomunati nella sconfitta e nell’orrore; e chiudere le conseguenze di una guerra civile raffreddata con la spesa pubblica ed il consociativismo. Su questo secondo fronte siamo ancora assai indietro.

Quando Fini vuol essere “garante del lavoro” si sente ancora la distanza dal pensarsi garanti del mercato, quindi anche di disoccupati e consumatori. Quando afferma che, per la giustizia, occorre guardare ai tribunali e non alla separazione delle carriere, liscia il pelo alle corporazioni, anziché grattarne via le incrostazioni. In generale la spesa pubblica aumentò nel corso della scorsa legislatura, e non c’è traccia di sordidi interessi berlusconiani in questo. Il bipolarismo alla moda italiana è stato anche la prevalenza bipartisan del partito della spesa pubblica improduttiva. Ripetere che è necessario sconfiggerlo, non significa volere tornare al passato, semmai liberarsene.

Quando Maccanico tentò un governo di larghe intese, per le riforme, Fini fu favorevole, mentre Berlusconi preferì le elezioni. Il primo ha spinto i referendum, anche se prevedono un premio al partito e non alla coalizione più votata, mentre il secondo scantonava. Le parti sembrano invertite, ma il tema è sempre lo stesso, ancora da svolgere: trovare il modo per uscire dall’immobilità rissosa. In politica le persone contano, i personalismi restano lo specchio del vuoto.

Pubblicato su Libero di martedì 11 dicembre

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