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Quale è la vera funzione delle Province?

I “cari” e “comodi” enti locali

L’Italietta degli sprechi, delle amministrazioni elefantiache e delle inefficienze

di Flaminia Festuccia - 18 marzo 2009

Marzo 2008: “Il nostro impegno sarà sulla spesa pubblica, che ridurremo nella sua parte eccessiva, non di garanzia sociale, e perciò comprimibile. A partire dal costo della politica e dell’apparato burocratico: ad esempio delle province inutili”. (“Rialzati, Italia”, programma in 7 punti del Pdl). Marzo 2009: con il federalismo fiscale, la spesa per le province salirà da 17,5 a circa 27 miliardi di euro (ipotesi informale del Tesoro).

A distanza di un anno, qualcosa non torna. In campagna elettorale le voci erano concordi: abolizione delle province, considerate inutili sia dal Pdl che dal Pd. Persino gli appelli di Beppe Grillo dalle piazze erano in sintonia. Così come di abolire province e accorpare comuni parlavano Rizzo e Stella stigmatizzando, dati alla mano, i privilegi e gli sprechi della Casta. Ad oggi, invece, nulla è stato fatto. Anzi, la Lega ha messo un esplicito veto – “giù le mani dalle province” – mentre si tenta di spacciare come linea riformista quella di evitare di farne nascere di nuove.

La situazione oggi è questa: 109 province e altrettanti consigli provinciali, dai 24 ai 45 membri per consiglio a seconda della popolazione, un totale di circa 63mila tra dirigenti e impiegati. Un “giro d’affari” (sic) di oltre 17 miliardi di euro. Una parte di questi costi annuali viene restituita ai cittadini sotto forma di servizi ma, stando ai dati Eurispes per il 2008, si tratta solo di un terzo del totale. Il resto va al mantenimento delle province stesse, che potrebbero tranquillamente essere rimpiazzate nelle loro funzioni dai Comuni (per i servizi più vicini al cittadino) e dalle Regioni (per ciò che richiede un coordinamento su base territoriale più ampia). Con un risparmio di oltre 10 miliardi di euro l’anno, che raddoppierebbero se si evitasse di erogare i nuovi fondi previsti dal federalismo fiscale.

Sono cifre da capogiro, che superano di moltissimo la spesa dello Stato per affrontare la crisi in atto. I 27 miliardi annui messi in campo per le province con la nuova legge sono quasi il doppio del “punto di pil” della manovra anticiclica ipotizzata dal Pd. Ventisette miliardi sono quattro volte la manovra anticrisi (6,3 miliardi stanziati per il 2009). Ventisette miliardi sono due terzi del deficit italiano.

L’evidenza di queste cifre è palese e disarmante. Altro che Ministri per la Semplificazione: viviamo di sprechi, di amministrazioni elefantiache, di competenze malamente distribuite che riducono l’efficienza e aumentano i costi. Ma, è evidente, a qualcuno fa comodo. Senza cadere in facile demagogia, le province sono ormai un centro di costo e di potere. Un poltronificio dove sistemare il politico trombato, il parente disoccupato, le clientele a cui restituire favori. E poi c’è la Lega: “Le province sono assolutamente utili”, ha dichiarato Umberto Bossi a più riprese, “costituiscono l’identità e non si può vivere senza l’identità”.

E ad ogni tentativo di riportare in Aula la questione dell’abolizione (o, perlomeno, di un ridimensionamento), il Senatùr, serafico, non si scomponeva: “Basta che io parli con Berlusconi e un accordo lo troviamo”. Ce n’è abbastanza per insinuare un dubbio: che le province, oltre a far comodo ai tanti che si trincerano dietro lo scudo del decentramento, siano uno snodo nel difficile equilibrio Pdl-Lega, con il contrappeso delle opposizioni. Tanto che non passa neppure il suggerimento “amichevole” di Libero, portavoce in prima linea di una campagna per l’abolizione delle province, lanciata all’insegna del “cedere un po’ di campanilismo a favore di un’attuazione rapida del federalismo fiscale”. E invece il federalismo si farà, ma senza minimamente toccare le province. Anzi, fondi maggiori, e capacità impositiva autonoma.

Ma se ogni Comune ha il suo sindaco, e ogni Regione il suo Governatore, al Presidente della Provincia e ai suoi consiglieri cosa resta? Fare palestra di democrazia? Abbiamo dei dubbi: 27 miliardi di dubbi.

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