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L’industria culturale deve essere libera

Hollywood “de noantri” non paga

Non è questo il modo di diffondere le arti e la cultura

di Davide Giacalone - 05 maggio 2008

Veltroni, che al cinema ha dedicato i propri studi, aveva creato il festival del cinema, a Roma. Per due volte è stato sfortunato, giacché a quella ricorrenza s’abbinavano fatti delittuosi o tristi. In ogni caso, a dirigere il traffico di star e sale vuote aveva messo Goffredo Bettini, cui già era stata affidata la responsabilità dell’auditorium. Quest’ultimo non è né un musicofilo né un cinefilo, men che meno un collaudato amministratore, ma un militante che fa politica da sempre. E fin qui, siamo al normale andazzo. Ora Alemanno annuncia che quel festival andrà rivisto, dando spazio più a Cinecittà che ad Hollywood, più ai divi nostrani che a quelli americani. Raramente accade d’osservare un tale concentrato d’errori.

L’industria culturale deve essere libera d’esprimersi, senza inutili censure (sarei favorevole a quella del buon gusto, ma il discorso si farebbe complicato). Anche il pubblico deve essere libero, di vedere quello che gli pare. Non c’è libro, od opera teatrale o film che possa cambiare la cultura a dispetto del pubblico. Ci sono opere che, magari, si apprezzano con ritardo. Autori disprezzati in vita ed ammirati quando non ci sono più. Ma mai grandi opere che non sono mai piaciute a nessuno. I festival, poi, sono eventi commerciali, destinati a promuovere i prodotti e coronati da successo, quindi, se ci si guadagna. Detto in modo diverso: film sovvenzionati dallo Stato e festival a spese del contribuente servono a divertire ed arricchire solo quelli che vi partecipano, lasciando indifferenti e più poveri tutti gli altri.

Quando si discuteva la direttiva europea sulle televisioni ero contrario alle quote di film europei che era obbligatorio trasmettere. Non era un sistema per aiutare gli autori del vecchio continente, ma solo un modo per disincentivare il confronto nel mercato globale. Per la stessa ragione sono contrario ai festival con film “de noantri”, chiedendo scusa ai trasteverini per l’omonima e talora bella festa, che annualmente occupa le loro piazze. Non è che se esponiamo meno Clooney e più Bombolo l’italica cultura ne tragga un giovamento.

Piuttosto, vorrei saper se quanti si sentono più internazionali ed importanti se si fanno ritrarre accanto a certi attori sanno perché l’industria cinematografica statunitense porta il marchio di Hollywood. La fama di questa località californiana comincia nel 1910, ed è dovuta al fatto che a New York c’era chi sosteneva di possedere i brevetti per fare cinema e, quindi, imponeva ai produttori il pagamento di royalties. Dalle parti di Los Angels si affermò che quei presunti brevetti non valevano, si concesse un certo vantaggio fiscale e da lì nacque un’industria, destinata a divenire piuttosto famosa. Tutto questo non ha nulla a che vedere con festival finanziati con i soldi delle tasse, le cui proiezioni erano affollate mediante deportazione (certamente festosa) delle scolaresche romane. Più ignoranza per tutti, insomma.

Non dubito che i morti di fama autoctoni siano pronti ad accorrere alla corte del nuovo sindaco, così come scodinzolavano presso quella del vecchio. Mi entusiasma lo sport del salto della quaglia e la specialità dell’arruffianamento, con codazzo di presunti pensosi ed aspiranti attrici. Tutti elementi, questi, che già sono costati il rigetto alla classe dirigente comunale appena sfrattata. Ma, ove mai si sia interessati a diffondere le arti si sappia che i soldi spesi in quel modo sono comunque buttati, specie se ai ragazzi non s’insegna nulla a scuola e per molti il “do di petto” e un modo di dire che si è generosi dalla parte frontale.

www.davidegiacalone.it

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