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Stipendi manager pubblici

Ha ragione Moretti

A furia di tagliare stipendi per accontentare la pancia degli italiani arrabbiati si va a finire fuori dal mercato

di Enrico Cisnetto - 26 marzo 2014

Ok, Mauro Moretti ha sbagliato: non si deve mai pubblicamente polemizzare con il proprio azionista, specie se è lo Stato. Ma per il resto ha pienamente ragione: non ha senso paragonare, né tantomeno equiparare, le retribuzioni dei vertici delle aziende pubbliche e dei gran commis di Stato, a quelle del Capo dello Stato (o dell’inquilino della Casa Bianca), perché le cariche istituzionali ed elettive hanno criteri, metodi e motivazioni totalmente diversi da quelli del business.

Anzi, gli stipendi dei dirigenti sono (o dovrebbero essere) il metro della loro abilità. E nel caso di Moretti, sfido chiunque a sostenere che non abbia fatto bene il suo lavoro, e che in particolare l’alta velocità, Frecciarossa e cugini vari, non sia il caso italiano di maggiore successo degli ultimi anni. Più in generale, è evidente che senza un’effettiva e paritaria concorrenza il settore privato avrà i manager migliori, obbligando il pubblico a pescare solo fra le seconde scelte. E gli scarti non sono certo i migliori amministratori possibili, specie per colossi strategici con decine di migliaia di dipendenti e di piccoli azionisti.

Ci sono manager che non funzionano? Si caccino. Ci sono aziende “inutili”? Si chiudano. Ci sono aziende in difficoltà? Si commissarino. Ci sono aziende inutilmente pubbliche? Si privatizzino. Ma si eviti di fare ogni erba un fascio con i tagli lineari, che è dai tempi di Tremonti che fanno danni.

Insomma, tra i tanti annunci “rivoluzionari” che Matteo Renzi ha lanciato, questa del tetto retributivo per i manager pubblici e per i vertici della pubblica amministrazione, sarà pure di forte impatto mediatico, e quindi elettorale, ma rischia di diventare un boomerang. Perché a furia di tagliare stipendi per accontentare la pancia degli italiani arrabbiati si va a finire fuori dal mercato, recinto nel quale gli stessi che gridano allo scandalo vorrebbero – giustamente – che le società pubbliche finissero. E si alimenta un virus letale che da tempo circola nelle vene della società italiana: l’idea che in tempi di crisi si debba lisciare il pelo dell’opinione pubblica per il verso del pauperismo, scatenando invidia sociale verso chi sta meglio e guadagna di più, che viene esposto come affamatore al pubblico ludibrio.

Basta con il “mal comune mezzo gaudio”, che ci siamo già passati. (twitter @ecisnetto)

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Terza Repubblica è il quotidiano online fondato e diretto da Enrico Cisnetto nato nel 2005 dall'esperienza di Società Aperta con l'obiettivo di creare uno spazio di commento indipendente e fuori dal coro sul contesto politico-economico del paese.