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Il ministro Damiano e le confederazioni

Guerra al sommerso con distinguo

Un convegno a Bari sul lavoro nero, iniziative legislative e qualche problema

di Alessandro D'Amato - 03 luglio 2007

Guerra al sommerso, ma con molti distinguo. Si apre oggi a Bari il convegno sulle politiche per la lotta al lavoro nero, che vedrà tra i partecipanti Cesare Damiano, Tiziano Treu e Paolo Ferrero, insieme al sottosegretario Alfiero Grandi. L’iniziativa, che parte dalla Puglia di Vendola, una delle regioni “pilota” di molte delle iniziative dell’esecutivo, rappresenta l’occasione per fare il punto sulle azioni di contrasto al lavoro nero e sui nuovi strumenti in fase di elaborazione, come i Durc (Documenti Unici di Regolarità Contributiva) e gli indici di congruità. Ed anche per cercare di comporre i contrasti con le organizzazioni datoriali che hanno espresso molte riserve sulle leggi. Il convegno a Bari sarà l’occasione e anche per presentare la Cabina di regia per la prevenzione del sommerso a livello nazionale e locale. Una cabina di regia presieduta da Damiano e alla quale parteciperanno i ministeri dell’Interno, del Welfare, dell’Economia, dello Sviluppo, oltre al dipartimento per le pari opportunità, l’Inps e l’Inail, e sulla quale il governo dimostra di puntare, visto che ha deciso di utilizzare le risorse economiche previste nel Fondo per l’Emersione del Lavoro Irregolare (FELI), appositamente istituito. In più, per fronteggiare le commistioni tra lavoro nero e fenomeni di criminalità organizzata, la Cabina individuerà forme di collaborazione e piani d’intervento condivisi con la Commissione Parlamentare d’Inchiesta sul fenomeno della mafia e con la Direzione nazionale Antimafia. Ma le iniziative hanno trovato anche forti opposizioni. Gli indici di congruità, ovvero gli indicatori che stabiliscono il rapporto corretto tra la qualità dei servizi e dei beni realizzati da un’azienda e la quantità delle ore di lavoro necessarie per produrli, sono stati aspramente criticati da Giorgio Guerrini della Confartigianato, che li ha definiti “una inaccettabile invasione di stampo ‘sovietico’ in economia, del tutto inutile per contrastare il sommerso. Nemmeno sotto il regime sovietico lo Stato stabiliva quanti dipendenti dovessero lavorare in un’impresa”.

Intanto, l’approvazione in Senato del testo unico per il riassetto e la riforma della sicurezza sul lavoro (il mancato rispetto degli standard porta, secondo l’Inail 1300 morti e un milione di feriti l’anno) non ne mette al sicuro in ogni caso la sua trasformazione in legge. Il ddl è passato con 155 voti favorevoli, ma anche con l’assenza della Casa delle Libertà dall’aula. Il testo prevede l’applicazione delle norme per la sicurezza sul lavoro anche ad autonomi, subordinati ed equiparati, e gli investimenti nella salute per le pmi. In più, vi è il superamento del meccanismo del massimo ribasso d’asta per gli appalti pubblici, e l’assunzione di 300 nuovi ispettori del lavoro. Una serie di norme che hanno scatenato critiche, arrivate, oltre che dal Polo, anche dalla Confindustria. Che si lamenta, sia in via ufficiale che in via ufficiosa, della riformulazione dell’apparato sanzionatorio: troppo severo nel prevedere aumenti di sanzioni sia penali che amministrative, nel ridurre le ipotesi di pena soltanto tra ammenda e arresto, e soprattutto nell’estendere alle persone giuridiche la responsabilità amministrativa anche in caso di morti e lesioni.

In più, da viale dell’Astronomia lamentano anche il pesante aumento degli importi delle sanzioni amministrative poste attualmente a presidio di alcune violazioni di natura formale. Insomma, anche se alla Camera – vista la maggioranza sicura per l’Unione – la strada appare in discesa, le organizzazioni datoriali sono pronte a farsi sentire.

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