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Le notizie sono on line, aggiornate e disponibili

Goodbye newspapers?

È il momento di “staccare la spina” e permettere all’informazione on line di decollare

di Flaminia Festuccia - 24 marzo 2009

Le notizie sono on line. Aggiornate minuto per minuto, disponibili, consultabili da ogni parte del mondo. I giornali cartacei sembrano destinati a scomparire. O, per lo meno, a trasformarsi e a ridursi drasticamente, come nello scenario prospettato pochi giorni fa da Arianna Huffington. Lei, tra le 100 persone più influenti d’America (la sua creazione editoriale, l’Huffington Post, è stata incoronata lo scorso anno come il blog più potente degli Usa), è intervenuta a Roma nel corso del summit sull’informazione e la comunicazione organizzato dall’Upa, l’Unione pubblicità associati.

E negli stessi giorni il Financial Times apriva un’inchiesta sulla crisi di quotidiani e periodici con un ironico necrologio. "Dopo una lunga battaglia con pubblicità in declino, età anagrafica dei lettori troppo avanzata, concorrenza di Internet, sconsiderati livelli di indebitamento, costi inflessibili, ambizioni esagerate e crisi di nervi, l"industria dei giornali è passata a miglior vita".

Humour nero per scherzare sul declino. Ma anche per prendere atto che in America e nel mondo, i giornali cartacei devono trasformarsi per sopravvivere. “Il giornalismo su carta non scomparirà del tutto.

Serve per l’approfondimento, è comodo e regala anche una sensazione romantica” ha ipotizzato Arianna Huffington, forte della solidità della sua impresa editoriale. Nello scorso novembre, infatti, l’Huffington Post ha raccolto donazioni e finanziamenti per oltre 15 milioni di dollari senza contare i guadagni provenienti dalla pubblicità, che continuano a crescere, e i lettori sono aumentati del 400 per cento nell’ultimo anno.

Che tutto cambi perché tutto resti uguale? Non proprio. Il vecchio mondo della carta stampata non si potrà salvare del tutto. E anche i quotidiani più antichi e prestigiosi sono in grave difficoltà. Il Los Angeles Time ha dimezzato i redattori: da 1300 a 700. Il Philadelphia Enquirer è fallito dopo 180 anni di carriera, mentre il Seattle Post si è trasferito in rete, abbandonando l’edizione cartacea. E il New York Times ha dovuto vendere la nuova sede, disegnata da Renzo Piano, per pagare i debiti. Lo riferisce l’ultimo rapporto del Pew Research Center"s for Excellence in Journalism di Washington, che avverte: nel corso del 2009 il quadro non potrà che peggiorare.

Il paradosso è che la crisi dei giornali monta nel momento in cui il numero globale di lettori è in forte crescita, proprio grazie alle edizioni on line. Ma - commenta Timothy Egan, esperto di media dell’Herald Tribune – i giornali su internet sono nella maggior parte dei casi gratuiti, e generano entrate pubblicitarie ancora troppo basse.

L’obiettivo, almeno per gli Usa, deve essere quindi quello di rendere economicamente sostenibili le edizioni on line, posto che non funziona la vendita di contenuti – quasi nessuno è disposto a pagare per accedere a una pagina internet per una notizia che poche ore o pochi minuti dopo circolerà comunque liberamente.

In Italia, però, il problema si fa più complesso, con meno vie d’uscita. La crisi della carta stampata è, anche qui, un fatto innegabile, che le imprese editoriali stanno fronteggiando da tempo. Negli ultimi dodici mesi la stampa cartacea ha perso il 30-40% delle inserzioni pubblicitarie. L"allarme è stato lanciato da Carlo Malinconico, presidente della Fieg (Federazione degli editori italiani), aggiungendo che non c"è nulla che faccia immaginare una ripresa dell"andamento. E nelle realtà locali e regionali, c’è già chi guarda alla crisi con occhio americano. Ne è un esempio Varesenews, quotidiano on line locale che viene pubblicato solo sul web (ed è tra i siti di informazione più visitati in Italia).

Soluzioni intelligenti e, a quanto pare, redditizie. Ancora lontane, però, dal diventare una prassi diffusa. Sembra un assurdità, soprattutto scrivendo da un giornale on line: ma in Italia il digital divide è una realtà, stando ai dati dell’indagine dell"Istat sul consumo dei beni tecnologici per il 2008. Siamo quartultimi in Europa, con un tasso di penetrazione di internet, sia tradizionale sia a banda larga, del 42% rispetto alla media europea del 60%. E siamo gli unici in diminuzione rispetto al 2007 (dal 43 al 42%).

A fronte di questi dati, appare anacronistico e inutilmente conservativo l’intervento richiesto da Malinconico: “Il ripensamento dei limiti antitrust per la raccolta pubblicitaria e norme asimmetriche in favore della carta stampata”. Misure di protezione per un settore in declino, quando forse sarebbe il caso di “staccare la spina” e lasciare che la natura faccia il suo corso. Magari dando sostegno alla penetrazione informatica e alla riduzione del digital divide, permettendo all’informazione on line di decollare. Questo, davvero, guardando al futuro.

Dal punto di vista economico, ovviamente. Resta il nervo scoperto della qualità dell’informazione su internet, ancora in bilico finché non verranno unificate regole e compensi per chi vi opera.

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Terza Repubblica è il quotidiano online fondato e diretto da Enrico Cisnetto nato nel 2005 dall'esperienza di Società Aperta con l'obiettivo di creare uno spazio di commento indipendente e fuori dal coro sul contesto politico-economico del paese.