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Magistrati e governo, due torti ciascuno

Giustizia umiliata

Troveranno l’accordo per accontentare i togati, oppure se ne andrà il ministro Mastella

di Davide Giacalone - 05 luglio 2007

Lezione magistrale, quella impartita dai magistrati e dalla loro associazione politica, esempio di come si distrugge la giustizia, attentando alla Costituzione. E di come si confrontino due torti: quello dei magistrati e quello del governo. Nella scorsa legislatura, con una maggioranza di centro destra, si riformò l’ordinamento giudiziario (riforma Castelli). Non avendo né la forza, politica e culturale, né il coraggio, non si stabilì la separazione delle carriere, fra magistrati del pubblico ministero e giudici, fra chi rappresenta una parte e chi deve esserne al di sopra, com’è in ogni parte del mondo civile, ma si ripiegò sulla separazione delle funzioni. Gli accusatori, secondo quella riforma, potevano diventare giudici, e viceversa (di “vocazione” neanche a parlarne), ma a determinate condizioni. Contro quella riforma strillarono i magistrati associati e vociò la sinistra, promettendo di cancellarla dopo la vittoria. Ora governano, quindi cancellano. E qui viene il bello.

Prima rinviano, con un decreto, la riforma, poi Mastella si mostra disponibile ad accogliere tutte le richieste dei magistrati. Solo che quelli vogliono cose che stanno fuori dal mondo, compreso il mettersi a fare i giudici dopo avere fatto gli accusatori nella stessa regione. Troppo scomodo trasferirsi. Il Parlamento comincia l’esame e, come chiede un ex magistrato comunista, rivolgendosi ai colleghi: “ma che vogliono di più?”. Vogliono che lo sbraco sia generale e totale, sono diventati cobas della toga, alla corporazione interessano carriera, trasferimenti, soldi e vacanze (tante, come i bimbi dell’asilo). Il centro destra, suppongo, voterà contro la riforma proposta dal governo. Ma non perché condivide la protesta dei magistrati, e spero che nessuno abbia la pessima idea di cavalcarla, bensì per la ragione opposta. Ciò significa che i magistrati s’apprestano a proclamare uno sciopero contro un disegno di legge e contro la quasi totalità del Parlamento. Chi non vede lo squarcio nello Stato di diritto è moralmente cieco. Chi crede che assecondando il corporativismo se ne conquisti il consenso è politicamente folle. Finirà così: troveranno l’accordo ed accontenteranno i togati in rivolta, oppure se n’andrà Mastella. Non perché crede nella giustizia, ma perché non crede più nel governo Prodi.

www.davidegiacalone.it

Pubblicato da Libero di giovedì 5 luglio

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