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Lancio del nuovo redditometro

Giornalisti da velina fiscale

La stampa sul nuovo redditometro funge da ufficio stampa dell'Agenzia delle Entrate. Ma andiamo bene a vedere cosa cambia

di Davide Giacalone - 02 agosto 2013

Lancio in grande stile per il nuovo redditometro. Che non misura i redditi, ma consente di farsi un’idea del punto cui s’è ridotto il giornalismo. Torna utile, insomma, come giornalistometro. Tranne pregevoli eccezioni, infatti, tutti hanno messo in pagina la medesima pappa precotta. Il gran velinone dell’Agenzia delle entrate. Talora con effetti comici.

Da cosa si riconoscono gli articoli tratti dalle veline? Facile: dicono tutti la stessa cosa, usando anche gli stessi vocaboli. Tanto più che una volta si doveva ribattere la velina, copiandola materialmente, sicché c’era anche spazio per qualche variazione, ora i computer consentono un velocissimo e fedelissimo “copia e incolla”. Da cosa si riconoscono le veline potenti, o dei potenti? Dal fatto che niuno osa venir meno al dovere di copiarle. Taluno, intrepido, accenna a un commento, ma gioiso. I temerari formulano garbati dubbi. Noi, che abbiamo in uggia i copisti, dopo avere letto il trentesimo schemino riassuntivo, uguale agli altri ventinove, siamo stati presi da un vago moto di ripulsa e reagiamo ponendoci una domanda facile e precisa: cosa cambia?

Cambia, ci dicono, che il fisco utilizzerà solo dati certi. Incredibile, vuol dire che fin qui usava dati a capocchia. I dati certi sarebbero tratti dalle spese effettuate nel triennio, con effetto retroattivo, talché se ne verifichi la coerenza con il reddito dichiarato. Solo che se vai a vedere i criteri ti accorgi che non sono certi manco per nulla, ma tradizionalmente presuntivi. Esempio: se ho un reddito medio basso e un amore sconsiderato per i cavalli, talché mi tolgo il pane di bocca per dar loro la biada, il fisco vede che spendo quanto guadagno, ma esclude che io sacrifichi l’umano per dare all’equino, sicché presume che stia barando. Alla faccia dei dati certi.

Cambia, dicono i velinari delle entrate e ripetono a pappagallo gli iscritti all’albo dei copisti, che l’approccio sarà “soft”. Hanno messo il coccolino nel redditometro? No, ma dicono che si procederà agli accertamenti più ficcanti solo se lo scostamento fra il reddito dichiarato e quello presunto supera il 20%. Questa sarebbe la morbidezza? Questo è un imbroglio. Per me gli accertamenti possono farli scattare anche se il discostamento è dello 0,1%, il punto è: cosa s’intende per “accertamento”? Nel costume nostrano funziona così: si convoca il contribuente, o lo si va a trovare con i militi della Guardia di Finanza, e gli si dice: a noi risulta che se un imbroglione, un ladro e un evasore, supponiamo presuntivamente che tu ci stia sottraendo gettito per una bella paccata di quattrini, il che, del resto, è confermato dai vari studi dei poco studiosi, secondo cui l’evasione è da noi elevatissima, sicché, caro il nostro furfante, ora ci dimostri che non è vero, altrimenti ti spenniamo. Se questo è il trattamento “soft” non oso immaginare a quali vette di lussuria possa giungere quello “hard”.

In verità, a dispetto di tante prime pagine sprecate, a noi contribuenti non dovrebbe importare molto di come è fatto e di come funziona il redditometro, perché si tratta di uno strumento nasometrico che l’Agenzia delle entrate utilizza per sniffare possibili evasori. Buon lavoro. Quello che c’importa, e molto, è il modo in cui si procede una volta che il sospetto si è acceso. Fin qui funziona che il sospetto diventa verità, salvo che il contribuente non riesca a smentirla. E questa è una condotta da Stato di polizia fiscale. Lì si misura la civiltà di un Paese, e noi siamo messi male.

Del resto, siamo anche la prova vivente di quel che il buon senso suggerisce e le misurazioni confermano: più è alta la pressione fiscale più cresce l’evasione. Che non significa giustificare l’evasione, ma condannare fermamente la pressione. E se quella è a livelli demoniaci la danza attorno al redditometro è un autentico sabba.

Il redditometro, e il modo in cui le velinone lo reclamizzano, è, invece, solo un produttore di paura. Serve a dire alle persone per bene quali sono le spese a rischio. E siccome tutti conoscono i sistemi da (per niente) santa inquisizione usati dal fisco, ecco che i timorati e gli onesti se ne tengono lontani. Con rammarico del cavallo, della barca o della scuola per i pargoli (che solo una manica di deficienti alla nascita possono pensare che sia saggio disincentivare l’investimento privato nella formazione). E mentre gli onesti si mettono paura, contraendo i consumi già in caduta per i fatti loro, i disonesti se la ridono e perseverano a godersela. Per loro, del resto, lo scostamento dal reddito dichiarato non sussiste, visto che non lo dichiarano proprio.

www.davidegiacalone.it
@DavideGiac


Pubblicato da Libero

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