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Impedire è meglio che arrestare

Giochi del Mediterraneo?

La “bomba” di Pescara e l’esclusione di Israele

di Davide Giacalone - 27 marzo 2009

Noi parlavamo d’Israele, loro delle faccende abruzzesi. Capirsi era difficile, ma leggendo le repliche di Mario Pescante (pubblicata martedì da Libero), commissario governativo per i Giochi del Mediterraneo, e di Gianni Petrucci (pubblicata ieri), presidente del Coni, ho avuto l’impressione che del problema principale, l’intollerabile e scandalosa esclusione degli israeliani, si siano accorti tardi e male, sottovalutandone le conseguenze, mentre ci sono altre questioni che meritano attenzione. Un capitolo che non promette nulla di buono.

Dell’esclusione d’Israele si continuerà a parlare, e per il cinque aprile è prevista una manifestazione, a Milano, promossa dal comitato che per primo ha protestato, coordinato da Enzo Biassoni, e dai giovani ebrei italiani dell’Ugei. Sul punto Pescante dice poco. A parlare di “nazione” palestinese è stato lui, ripetutamente, come si legge sul sito ufficiale dei giochi, finanziato con i soldi che amministra, quale commissario governativo. Adesso distingue fra “nazione” e squadra “nazionale”, fra lo Stato ed il comitato olimpico. Non rimedia, ovviamente, ma almeno colma lo sfondone. Del resto, queste parole sono largamente superate da quel che ha detto Frattini: Israele non c’è perché la maggioranza dei Paesi partecipanti è contraria. Ed è questo, appunto, ad essere inaccettabile, perché un simile veto prende corpo, ora, sul nostro territorio nazionale. Il presidente del Coni, Petrucci, ignora del tutto le parole di Frattini, affermando poi di condividerne la posizione. Se la maggioranza dei Paesi è contraria, come certifica il ministro, è del tutto irrilevante che Israele, come lamenta Petrucci, abbia omesso di chiedere l’ingresso. Sono due cose opposte, inconciliabili. A parte la follia di volere che un Paese continui a chiedere d’essere ammesso dove non lo vogliono. Petrucci, inoltre, mostra di non capire la natura del problema, riconoscendo alla gran diplomazia di Pescante l’aver fatto sedere accanto Arafat e Peres. In che mondo vivono, quelli del Coni? Fra Israele e l’Anp si è firmata la pace, ci sono gli accordi di Oslo, hanno pure preso il Nobel. Lo scontro non è fra israeliani e palestinesi che vogliono la pace, ma fra questi due popoli e quanti puntano sulla guerra per continuare il ricatto contro Israele e l’Occidente. E’ con questi che i comitati olimpici fanno comunella. E’ chiaro?

La questione, poi, è del tutto diversa, anche parlando dal punto di vista strettamente sportivo: i Giochi si chiamano del “Mediterraneo”, quindi devono partecipare tutti i Paesi bagnati da questo mare. Ad eccezione, naturalmente, di chi si rifiuta. Invece qui è la camarilla olimpica, con la nostra complicità, ad impedire la presenza di chi avrebbe diritto. Pertanto, questi non sono Giochi e non sono del Mediterraneo.

La replica di Pescante, però, conteneva elementi estremamente interessanti, giacché il commissario governativo ci ha detto, nero su bianco, che si stanno buttando soldi del contribuente. Veniamo, allora, a questa più prosaica pagina. Meno rilevante nei rapporti internazionali, più pertinente a quelli di procura. Nel mio pezzo avevo messo in evidenza, per averlo letto nell’informazione locale, che a tre mesi dall’inizio dei giochi ancora non si sa dove si faranno le gare di canottaggio. Era stato scelto il lago di Bomba, ma Pescante aveva manifestato la sua contrarietà.

Ci scrive Pescante: “Premesso che le competizioni si svolgeranno nel Lago di Bomba, confermo il mio dissenso dovuto al fatto che le Federazioni sportive competenti non condividono la scelta di creare un bacino di canottaggio tra le montagne dell’Abruzzo, campo di gara che per ragioni geografiche e meteorologiche non potrà in futuro essere utilizzato. In conclusione avremo un altro ‘monumento nel deserto’”.

Premesso che prosa e punteggiatura sono di Pescante, leggete bene quel che aggiunge: “i miei predecessori sollecitati eventualmente proprio da quella politica che il giornalista cita a chiusura dell’articolo, hanno condiviso la scelta finanziandola pienamente. Per ragioni di carattere giuridico-amministrativo sono stato costretto ad assecondarla”. Mettere soldi in quel lago, secondo Pescante, è uno spreco assoluto, ma lui lo asseconda, per ragioni “giuridico-amministrative”. Prevenire, diceva la pubblicità, è meglio che curare. Impedire è meglio che arrestare.

Chi sono, i citati e non nominati predecessori? Dovrebbe rispondere Pescante, ma un indizio ce lo da egli stesso, visto che deglutisce a denti stretti la definizione che avevo dato di Sabatino Aracu quale “artefice e alfiere” dei Giochi pescaresi. La mia era un’indicazione banale, visto che Aracu è ancora il presidente del comitato organizzatore (la fonte è sempre il sito ufficiale).

Allora, onorevole commissario Pescante, è stato Aracu a volere quell’investimento sbagliato? Qui a fianco pubblichiamo una serie di altri investimenti, ci faccia sapere se ce ne sono ulteriori che meritano quel suo giudizio totalmente negativo. In ogni caso, Pescante è stato testimone di nozze di Aracu, è parlamentare nello stesso schieramento, non so se abbia fatto esposti alla procura della Repubblica, ma dalle parole che ha indirizzato a noi ritengo che non possa essersi sottratto a tale dovere, visto che agisce in qualità di commissario governativo, quindi di pubblico ufficiale.

I giochi sono stati assegnati a Pescara quattro anni fa, ma la città era già candidata la volta precedente. Sono otto anni, quindi, che sperano e preparano. Ma di pronto c’è poco. Dello stesso villaggio, che dovrebbe ospitare gli atleti, si legge che i lavori non sono terminati. I vari comitati organizzatori sono pieni di personale ex Coni, come se i Giochi mediterranei fossero un premio per la pensione o una continuazione del lavoro altrove svolto. Fra novanta giorni si dovrebbe cominciare. Ora, a parte la questione d’Israele, che abbiamo sollevato e dalla quale non ci distrarremo d’un capello, ho l’impressione che ci siano tante, ma tante cose che è lecito chiedere di sapere, a cominciare da una distinta trasparente e chiara relativa all’impiego dei soldi pubblici, per un ammontare di circa ottanta milioni.

Gli italiani, che non siano residenti dentro lo stadio, dei giochi pescaresi non hanno neanche sentito parlare. I primi clamori si devono ad uno sfregio alla nostra politica estera. Non vorrei che il resto della storia sia del tipo: soldi buttati ed inchieste da farsi.

Pubblicato su Libero di venerdì 27 marzo

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