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Giavazzismo

E'Giavazzi ad essersi ricreduto, Monti a cambiare linea o, semplicemente, il frullato a trionfare?

di Davide Giacalone - 04 maggio 2012

Nello stesso giorno in cui conferiva un incarico al professor Francesco Giavazzi il presidente del Consiglio, anch’egli professore bocconinano, affermava polemicamente che se non si vuole l’Imu allora il governo è pronto a varare la patrimoniale, ovvero a introdurre quel tipo di tassazione contro cui Giavazzi aveva ripetutamente scritto. Assistendo alla scena si poteva scegliere: o considerarli in stato confusionale o iscriverli alla scuola del trasformismo, salvo il fatto che il fondatore, Agostino Depretis, la usò anche per cancellare la tassa sul macinato, non per metterla. La cosa è talmente stridente da lasciarci un dubbio: ma chi glielo fa fare, a Giavazzi, di accettare un mandato che ne fa vacillare la coerenza?

Oltre tutto egli dovrebbe fornire, sul tema degli aiuti pubblici alle imprese, “analisi e raccomandazioni”. Cosa che a me pare egli abbia già fatto, con i suoi scritti, sicché sembra che lo si arruoli in questa (inutile) funzione per meglio metterlo a tacere sul resto. Già non è bello in sé, ma risulta ancora più grave perché lascia immaginare che a Palazzo Chigi si creda il mondo possa riassumersi nelle stanze del Corriere della Sera, al punto che ricondotta a unione la profonda distanza fra due suoi opinionisti possa ritenersi agguantata un’unità politica che, semmai, va cercata in Parlamento, o, con le elezioni, nel Paese.

Giavazzi è uno degli interpreti più schietti della scuola economica liberal, che in Italia, purtroppo, raccoglie scarsa fortuna. Al sorgere del governo Monti, nel mentre il non ancora senatore a vita prendeva in seria considerazione l’adozione di una patrimoniale, destinata ad abbattere il debito pubblico, fu proprio Giavazzi, assieme ad Alberto Alesina, altro professore e altro esponente di quel modo di pensare (entrambe con prestigiose esperienze accademiche negli Stati Uniti), che scrisse le cose più dure e documentate, contro tale ipotesi.

Rammentò che non solo le tasse, comprese le patrimoniali, hanno effetti recessivi, ma documentò che ve ne è la prova sperimentale, ricordando che l’Italia ne subì il peso negativo anche quando furono adottate dal governo Amato (e oggi se lo ritroverebbe affiancato in questa anomala chiamata alla collaborazione governativa). Le sue critiche non erano cancellabili utilizzando i canoni della polemica politica, perché egli non era un governate che aveva fallito, né erano smentibili in termini scolastici, perché proprio in quel campo si dimostravano solide. Tanto erano ficcanti, quelle critiche, che Monti se ne mostrò pubblicamente infastidito.

Tutto questo induce a chiedersi se è Giavazzi ad essersi ricreduto, Monti a cambiare linea o, semplicemente, il frullato a trionfare. Anche nel merito, la confusione regna sovrana. Nel 2007 il governo Berlusconi cancellò l’Ici (Imposta comunale sugli immobili), cosa che allora criticammo, da queste colonne, perché mi sembrava bislacco inseguire il federalismo fiscale (questo sconosciuto) e togliere l’imposta a maggiore vocazione locale. Posto ciò, però, l’Imu (Imposta municipale sugli immobili), è stata introdotta nel 2011 dallo stesso governo Berlusconi, laddove Monti, con un decreto legge dello scorso dicembre, s’è limitato ad anticiparne l’entrata in funzione, originariamente prevista per il 2014. .

Se il gettito fosse destinato ai comuni, quindi calibrato in ragione degli oneri d’urbanizzazione e dei servizi erogati, si tornerebbe all’ispirazione originaria, corretta, ma, in realtà, in comuni hanno solo la possibilità di mettere un’addizionale, essendo il resto una vera e propria patrimoniale. Talché risulta astruso che si sostenga: se non volete la patrimoniale mettiamo la patrimoniale, a meno che non si voglia intenderne l’estensione anche oltre gli immobili. Ma è appunto contro questo che Giavazzi si scagliò. Che fa, adesso, fornisce opinioni sui tagli dei contributi alle imprese (che pure vanno fatti, o, meglio, riconcepiti) nel mentre il governo concretizza quel che egli (e noi con lui) aborriva?.

Facile prendersela con i due grossi partiti, la cui nebbiosità mentale fa concorrenza a quella governativa, ma preoccupante credere che si possa aizzare il toro rintronato nel mentre si anestetizza l’opposizione culturale. Siamo ben consapevoli di quanto grandi e complicati siano i problemi, ma siamo anche capaci di distinguere quel che li risolve da quel che li aggrava.

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