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Il sistema elettorale deforma il dibattito

Ghino di Tacco con la tonaca

Si privilegiano i temi che conquistano non il voto cattolico, ma la minoranza clericale

di Donato Speroni - 13 dicembre 2005

Radici cristiane, aborto, unioni di fatto, Concordato: i temi legati al magistero e alla presenza in Italia della Chiesa cattolica sono al centro del dibattito politico. Eppure, gli esperti di sondaggi mettono in evidenza che sono ben altri gli argomenti sui quali la stragrande maggioranza dei cittadini giudicherà gli schieramenti in corsa nelle prossime elezioni: lavoro e previdenza, sicurezza, tasse, spesa pubblica. Si veda a questo proposito il sondaggio di Renato Mannheimer sul Corriere della Sera.

Come si spiega questa discrepanza? La centralità del partito cattolico per antonomasia, la Democrazia Cristiana, è finita da più dieci anni. Ai tempi della Dc, dopo le batoste dei referendum su divorzio e aborto (che risalgono agli anni ’70!), quei toni sembravano finiti per sempre. Invece, a leggere i giornali di questi giorni, sembra di essere tornati alle offensive clericali che nell’Italia degli anni ’50 provocavano la reazione dei laici raccolti attorno al Mondo di Mario Pannunzio. E non è necessario essere un laico, pardon un laicista convinto, per sapere che un’ indagine parlamentare sulla legge 194/78, destinata a esaurirsi in poco più di un mese alla vigilia delle elezioni, è solo un’iniziativa propagandistica, che non fa onore né a chi la propone né a chi la avalla prendendo in giro le donne che dovrebbe tutelare.

Perché questo scadimento del dibattito su temi che sono invece importanti, ma richiederebbero ben altra serenità? Varie cause concorrono al polverone, che distrae da altri temi certamente più urgenti e decisivi per la ripresa del Paese.

La prima di queste cause è lo stato di confusione del centrodestra. La coalizione di maggioranza affronta le prossime elezioni non solo con un’indubbia sensazione di debolezza mascherata da dichiarazioni baldanzose, ma con la convinzione negata eppur diffusa che le divisioni tra le sue diverse “punte” sono non solo programmatiche (i programmi si possono sempre stemperare, basta vedere quello che sta facendo il centrosinistra), ma profondamente ideologiche. Investono problematiche inconciliabili come centralismo e devolution, dirigismo e liberismo, europeismo e localismo, apertura o chiusura all’immigrazione. La riscoperta delle origini cristiane, propugnata con diverse modalità sia da Marcello Pera che da Giuliano Ferrara, diventa la ricerca di una radice comune del centrodestra, alla faccia dei pochi laici esibiti ormai come un fiore all’occhiello del Polo delle Libertà, ma di fatto ridotti al silenzio.

Dall’altra parte, il centrosinistra reagisce con altrettanta frenesia baciapile (una parola non a caso riesumata in questi giorni da Sergio Romano), anche perché la sua componente centrista ed ex democristiana teme di subire una perdita di suffragi dell’elettorato cattolico; non solo per la maggior caratterizzazione confessionale della destra, ma per la prevedibile inclusione nell’Unione dei radicali, ai quali sarà difficile dire di no dopo il matrimonio con i socialisti nella Rosa nel pugno. E così i politici di centrosinistra attenti ai voti dei cattolici sono diventati più realisti del re, pardon, più papisti del Papa, fino a trattare il cattolico Romano Prodi come un pericoloso laicista, per il semplice fatto che con buon senso vorrebbe regolamentare le tante unioni prevalentemente eterosessuali, ma anche omo, che in Italia si sviluppano al di fuori del matrimonio.

Nello stesso tempo i comportamenti bigotti hanno aperto uno spazio di manovra a chi è invece insofferente ai vincoli confessionali. E’ di certo elettoralistica anche la richiesta dei socialisti di mettere in discussione il Concordato in questo momento. Ma se tutti si comportano come se fossimo tornati al 1950, come biasimare chi riprende le battaglie laiche di cinquant’anni fa?

Ancora una volta, il sistema elettorale peggiora i comportamenti. Che si tratti del vecchio o del nuovo sistema poco importa: un meccanismo basato su un premio di maggioranza induce a dare la caccia ai voti marginali anche se espressione di idee non condivise dalla maggioranza degli italiani. Anche se i cattolici dichiarati in Italia sono molto più numerosi, si stima che i temi che oggi stanno a cuore alla Chiesa spostino un’infima minoranza dei voti. Ma anche se così fosse, quei voti diventano strategici se sono determinanti per arrivare al premio di maggioranza. Una sorta di Ghino di Tacco con la tonaca, per usare la metafora cara a Bettino Craxi sul potere di condizionamento esercitato dalle minoranze.

Non c’è da stupirsi che la Conferenza Episcopale Italiana approfitti di questa ritrovata e insperata centralità. Forse (ma questa è l’opinione di un laicista dichiaratamente incompetente sulle logiche della Chiesa e sui disegni della Provvidenza) si tratta di un errore: anche i vescovi, in questo sistema politico bastardo, rischiano solo di essere usati dai politicanti. Ottengono attenzione ma non convinzione. Alzano il tono, riempiono le pagine dei giornali, giganteggiano nei dibattiti televisivi; ma la gente capisce che si tratta di propaganda elettorale confezionata in un santino. Con questi metodi forse si riempiono le piazze, ma le chiese continueranno a rimanere vuote. E un gran numero di giovani che si dicono cattolici, anche quelli che non sono andati a votare al referendum sulla fecondazione assistita, continuerà a fare prove di convivenza prematrimoniale e a prendere la pillola, magari anche quella del giorno dopo.

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