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Giustizia allo sbando

Gabbio e pregiudizio

Prima ancora che nei tribunali, il fallimento è certificato nei mezzi d'informazione

di Davide Giacalone - 12 aprile 2012

Prima ancora che nei tribunali, con i loro tempi intollerabili, ma con il loro lavoro irrinunciabile, la giustizia italiana va a farsi benedire nei mezzi di comunicazione, dove lo spettacolo dell’accusa tiene banco, la pietà per la vittima fa capolino di rado e l’insensibilità al diritto e ai diritti è il basso continuo di un ritornello ossessivo. Dopo lustri di nuoto controcorrente, conosco la regola: se arrestano quello ricco e famoso è segno che qualcosa ha fatto, se diventa famoso perché arrestato a maggior ragione, vuol dire che l’ha fatta grossa, sicché occuparsene e difenderne i diritti è sintomo di asservimento agli zozzi potenti; se arrestano quello poveraccio e sconosciuto chi se ne frega, sicché occuparsi dei suoi diritti è tempo perso, tanto ti accuseranno comunque di farlo per secondi fini. Così si celebra, giorno dopo giorno, il funerale alla cultura, al diritto e alla giustizia. Francesco Gaetano Caltagirone rientra nella prima categoria. A questo si aggiunga che sarà persona sicuramente gradevole, per quanti lo conoscono direttamente (non ho il piacere), ma il modo in cui la sua immagine pubblica è stata ripetutamente diffusa sembra fatto apposta per urtare tutte le ipocrisie nazionali: potente, gaudente, festaiolo, danaroso. Uno così, quando finisce in galera, non può certo contare sulla solidarietà popolare. Eppure, incredibile ma vero, il diritto e i diritti presuppongono che ciascuno di noi sia eguale davanti alla legge. E se guardate a come questa storia è stata raccontata sarà bene vi vengano i brividi. In caso contrario cessate di leggere questo articolo e quant’altro produca chi lo firma, tanto apparteniamo a mondi diversi. Siccome il pregiudizio non necessita del consenso informato, ma vive dell’ignoranza diffusa, confesso di non avere seguito il caso fin dall’inizio. Ho visto che l’imprenditore è stato arrestato, nel mentre incontrava il sindaco di Imperia e a favore di telecamere, per una faccenda relativa alla costruzione del porto turistico. Si difenderà, ho pensato, i mezzi non gli mancano. Ma pochi giorni dopo mi ha attirato il fatto che gli hanno dovuto cambiare cella, perché, raccontavano le cronache, si comportava in maniera arrogante con i compagni di sventura e quelli ce lo avevano sui santissimi. Ho pensato al ghigno satanico di chi aveva compitato una simile vile agenzia, ho immaginato la miseria umana di chi può così descrivere la disavventura di un detenuto in custodia cautelare, cui la Costituzione e un paio di trattati internazionali assicurano il diritto d’essere considerato innocente, e ho voluto guardare meglio. Sconfortante. E’ stato arrestato lo scorso 5 marzo, quindi è al gabbio da più di un mese. Se fosse un condannato, dato che ha 73 anni, probabilmente subirebbe una punizione meno severa. Ma è innocente (fino a sentenza che stabilisca il contrario). La cosa singolare è che il pubblico ministero aveva chiesto il suo arresto a settembre dell’anno scorso, sei mesi prima, mentre il giudice dell’indagine preliminare lo ha concesso solo adesso, sei mesi dopo. Se sussistesse uno dei tre canonici pericoli: a. inquinamento delle prove; b. reiterazione del reato; c. fuga all’estero, il potent’uomo avrebbe avuto sei mesi per dedicarvisi indisturbato. Già, si può obiettare, ma lui non sapeva d’essere indagato. Obiezione respinta, visto che ricevette un avviso di garanzia nell’ottobre del 2010. Sono convinto che quei pericoli possono essere considerati sussistenti, dopo così tanto tempo, solo se si prende in considerazione la persona anziché la realtà, se, insomma, si decide in base al pregiudizio personale, piuttosto che alla fredda valutazione dei fatti. Non a caso il giudice ritiene l’indagato (al momento non è neanche imputato) “socialmente pericoloso”. Il che può pure essere, per carità. Ma sulla base di che? Che si sappia quel cittadino è già finito negli ingranaggi della giustizia, hanno già provveduto a farlo fallire, ma poi è stato assolto e risarcito. Al momento è pulito (che io sappia, per entrambe) tanto quanto il suo giudice. Ma che fine hanno fatto i soldi pubblici che ha intascato? Nessuna, perché per quel porto turistico non ci sono soldi pubblici, non è un’opera pubblica, è tutta roba privata. Morale: se Francesco Gaetano Caltagirone è un truffatore e un mestatore spero caldamente che sia condannato a giusta pena e che civilmente la sconti. Ma ciò cui stiamo assistendo è cosa diversa. Taluni s’esercitano sul retroscena, sulle piste politiche. A me basta il proscenio. Quindi ne scrivo, come feci e farò di poveracci e di sconosciuti, perché se non sappiamo considerarli tutti cittadini a noi eguali non meritiamo neanche non d’esserlo.

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