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Manifesta incapacità

Fuori gli inetti

Sul caso Marò la catena degli errori è così lunga che manca lo spazio per stenderla. Ogni ora in cui Terzi e Di Paola restano al loro posto è un’ora di danno all’Italia.

di Davide Giacalone - 25 marzo 2013

E’ troppo. Fino a ventiquattro ore fa le dimissioni dei ministri degli esteri, Giulio Terzi, e della difesa, Giampaolo Di Paola, sarebbero state un segno di dignità e della conservazione di un briciolo di senso dello Stato. Niente da fare, mancavano. Ora, dopo l’ultimo, orrendo passaggio, sono da considerarsi un’urgente necessità. Il presidente del Consiglio non è affatto estraneo ai tanti e madornali errori commessi. In condizioni normali l’accaduto avrebbe provocato la caduta del governo, per manifesta incapacità. Ma non siamo in condizioni normali, il governo è già dimissionario, viviamo una crisi difficile e Mario Monti non può lasciare il suo posto. Allora prenda immediatamente l’interim di esteri e difesa, vada lui, martedì, a riferire alla Camera, si assuma le sue responsabilità e, soprattutto, utilizzi il tardivo allontanamento dei due inetti quale strumento per azzerare e far ripartire i rapporti con le autorità indiane. Accadrà comunque, a cura del prossimo governo. Ma il tempo manca e si deve correre. Anche ammesso (e non concesso) che i due ministri abbiano delle ragioni, quelle passano totalmente in second’ordine rispetto ai doveri che hanno nei confronti delle istituzioni, degli italiani e di due militari. Che, pur essendo all’origine del problema, dimostrano maggiore coraggio e rettitudine di quanta loro siano in grado forse solo di pensarne.

Oramai la catena degli errori è così lunga che manca lo spazio per stenderla. Anche andando per sommi capi, oramai l’elenco è devastante. Da ultimo la totale idiozia di comunicare che il governo invertiva la rotta e rispediva i due detenuti in India in quanto aveva avuto rassicurazione circa l’esito del processo. Era esclusa la pena di morte. In tale comunicazione pubblica il ministro degli esteri non indovinava neanche l’intestazione della carta. C’era di che togliergli anche la patente di guida. Prima di tutto la legge italiana impedisce l’estradizione di qualsiasi essere umano, qualsiasi cosa abbia commesso e di qualsiasi reato sia accusato, verso paesi che potrebbero punirlo con la pena di morte. Se questo vale per le estradizioni, figuriamoci per la riconsegna di due nostri militari. Ma a parte ciò, tale questione sarebbe valsa fin dal primo momento, e anche per il ritorno dopo le vacanze di Natale. Se sono accorti solo adesso, i rintronati della Farnesina?

Infatti, quella era una scusa. I nostri militari non rischiano (non rischiavano, almeno) la pena di morte. Il fatto è che la decisione di non farli rientrare era stata presa da un ministro in stato confusionale, al punto da credere d’essere veramente un ministro. Gentile Terzi, lei non lo è. Non è all’altezza. Monti ha sbagliato a designarla e Napolitano a nominarla. Se ne convinca, lei è un segnaposto. Stia fermo e stia zitto. Sta di fatto che per rimangiarsi la precedente cretinata, che seguiva l’idea assurda di ricevere i due come fossero eroi, sono state chieste rassicurazioni agli indiani. Loro le hanno fornite, perché intanto il guaio è scoppiato anche in India, divenendo strumento per attaccare Sonia Ghandi, che, difatti, ha reagito schierandosi contro l’Italia. Il Paese che le diede i natali. Ma, forse, il ministro degli esteri, Salam Khurshid, pensò di interloquire con un collega pensante e mai avrebbe supposto che l’altro sarebbe andato a dirlo alla stampa. Fatto l’errore è saltato su il ministro della giustizia, Ashwani Kumar, il quale ha escluso il collega potesse avere venduto la sentenza di un processo manco iniziato. Arriva il nostro sottosegretario, Staffan De Mistura, e dice: abbiamo l’impegno scritto. Mi domando: dove li hanno trovati, al club dell’incapace?

Il nostro ministro della difesa è stato, bontà sua, assai meno loquace, ma due militari sono in pericolo senza che nessuno abbia sollevato il problema della pirateria, del perché non provvedono gli indiani (in acque territoriali è compito loro, e fuori non hanno giurisdizione) e del perché a bordo delle nostre navi ci sono militari e non contractors. E in questo gorgo ci siamo infilati per non avere affrontato all’origine il problema: Finmeccanica. Ogni ora in cui Terzi e Di Paola restano al loro posto è un’ora di danno all’Italia.

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