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L'Istat conferma il trend negativo ad aprile

Fulmini e tuoni del declino

I consumi calano mentre la produzione mostra segni di ripresa. E il governo resta immobile

di Davide Giacalone - 23 giugno 2005

I consumi calano, in modo sensibile. I dati dell’Istat sono chiari, ma diventano politicamente significativi se letti nell’insieme. Così facendo si scoprirà quanto sono sciocchi certi luoghi comuni.

Dico subito che quei dati indicano una responsabilità del governo, non per quello che ha fatto, ma per quanto non ha fatto. Se si prende la serie storica dei dati Istat, a partire dall’ultimo trimestre del 1999, si legge che la spesa pubblica è aumentata, da allora ad oggi, del 40,7 per cento, i consumi delle famiglie sono aumentati del 15,2. Una bella spinta all’aumento della spesa la diede il governo di centro-sinistra, presieduto da Amato, nell’anno che preparò le scorse elezioni politiche. Il governo di centro-destra, che gli succedette, però, a dispetto del predicato liberismo, non invertì la rotta, semmai giungendo ad una crescita zero nel 2004, anche questo anno elettorale (i riformisti prendano nota: i due governi hanno entrambi perso le elezioni, il primo aumentando la spesa, il secondo stazionandola; morale: tanto varrebbe governare seriamente).

Le famiglie si erano comportate in modo inverso: i consumi non crescevano nel 2001, mentre sono saliti del 13 per cento negli anni successivi. In un certo senso, quindi, quando i sintomi della crisi cominciavano ad essere più seri, si era comunque diffuso un certo ottimismo. Mentre la propaganda politica parlava di italiani incapaci di arrivare alla fine del mese, quegli stessi italiani spendevano di più. Attenzione, però, nel periodo che stiamo considerando i consumi complessivi aumentavano del 20,6, ma il prodotto interno lordo del 14,3. In altre parole: i consumi crescevano più di quanto cresceva il reddito, le merci consumate più di quelle prodotte. Questo fa dire a Gianfranco Polillo (cui devo l’elaborazione dei dati citati) che la crisi italiana è una crisi dell’offerta, vale a dire della produzione.

E’ una sorpresa? Niente affatto, perché nel cielo si erano visti molti lampi, con indici della produzione, degli ordinativi e delle ore lavorate tutti in calo. Si sapeva che quello era il nostro problema, ma non si è fatto il necessario per contrastare il ciclo negativo. Ora arrivano i tuoni, nel senso che i consumatori si sono accorti non di avere meno soldi in tasca (perché così non è), ma che è concretissima la possibilità che il loro tenore di vita non sia in futuro sostenibile. E cosa li ha indotti ad avere questa sensazione? Diversi sensori, ma, credo, soprattutto, la sensazione che neanche al governo sappiano cosa si debba fare, procedendo a vista, se non a tentoni. Mentre dall’opposizione si punta l’indice contro il governo, ma non giunge una proposta che sia una. “Nave senza nocchier in gran tempesta”. Adesso, dopo i lampi e dopo i tuoni, non è escluso che piova. E nessuno dica che è sorprendente.

A causa degli effetti ritardati, oltre tutto, i consumi calano mentre la produzione mostra segni di ripresa. Il governo dovrebbe approfittarne, aprendo il mercato a competizioni reali, avendo a cuore l’indurre i consumatori a spendere, non il settore della distribuzione e del commercio a fortificare le difese, lavorando per dare aria e luce alle imprese in grado di sfidare i mercati, non spendendo risorse preziose per difendere quelle che i mercati non gradiscono. Insomma, il governo potrebbe fare il mestiere della migliore destra europea, anziché ammosciarsi nella ripetizione del sempre eguale. Ma, si sa, da noi è cominciato l’anno elettorale che, questa volta, per vincoli europei, non porterà nemmeno un aumento della spesa pubblica e, quindi, un sostegno artificiale alla domanda.

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