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Le dimissioni di Guargaglini

Finmeccanica va difesa

Fondamentale per il rilancio del Paese tutelare le grandi aziende alla partecipazione pubblica

di Davide Giacalone - 03 dicembre 2011

Le dimissioni di Pier Francesco Guarguaglini, niente affatto spontanee, anzi lungamente sospinte e propiziate, sono una brutta pagina. So benissimo di mettermi contro il vento forte e devastante del conformismo, sono pienamente consapevole che saranno parole perse al suddetto vento, ma apposta per questo evito di tacere: sono una brutta pagina.

Perché Guarguaglini ha lasciato la guida di Finmeccanica? Il lavoro da lui svolto poteva essere messo in discussione a causa dei risultati: un bilancio in deficit, un debito troppo alto e crescente, un valore di borsa sceso ben oltre l’andamento del mercato. Se questi fossero i motivi della resa, ecco che potrebbero essere messi in discussione anche i quattrini della liquidazione. Un manager non è un lavoratore dipendente ed è ragionevole che sia premiato per i successi riportati, lo è meno che lo sia per gli insuccessi (il che vale per tutti, anche per chi se ne va con dieci volte quel che prenderà Guarguaglini, pur lasciando nelle peste quel che ha amministrato).

Ma se questi fossero i motivi non si spiegherebbe il perché il posto di presidente (che era del dimissionario) viene preso dall’amministratore delegato, che li cumula come li cumulava, un tempo, Guarguaglini, e il suo posto in consiglio d’amministrazione finisce al direttore generale. Tali scelte vogliono dire che la gestione è considerata buona e l’azionista la conferma. Allora, perché è stato condotto alle dimissioni? Il “perché” può essere complicato, il “come”, invece, si trova sotto gli occhi di tutti: con le inchieste penali. Domanda: dove deve andare uno che crea fondi neri, paga tangenti e usa le assunzioni per propiziare il clientelismo e accattivarsi la classe politica? Risposta: in galera.

Solo che la premessa sarà vera, almeno giudiziariamente, dopo una sentenza passata in giudicato, non certo dopo un’inchiesta condotta con un tale riserbo da essere raccontata e fedelmente (dote canina) riportata da tutti i mezzi di comunicazione. Quello di Finmeccanica è un gruppo dentro al quale si trovano gioielli della tecnologia italiana, specie nel settore della sicurezza e della difesa. Poi ci sono delle fetecchie, di cui colpevolmente non si sono disfatti, o non sono riusciti a far loro cambiare natura. I primi fanno sì che diversi soggetti, in giro per il mondo, vedrebbero con piacere il crollo di Finmeccanica, o la sua marginalizzazione, oppure ancora il suo essere costretta a condividere le proprie eccellenze.

Sono soggetti influenti, abituati a muoversi senza troppe delicatezze. Faccio un esempio: il fatto che Cesare Battisti, assassino, sia stato a lungo protetto dalla Francia, per poi ricomparire in Brasile giusto mentre si discutevano commesse militari (poi finite ai francesi), provocandoci un problema in più (che abbiamo gestito male, e lo scrivemmo subito, non con il senno di poi), non mi pare affatto casuale o innocente. Fine dell’esempio, giusto per capire di che stiamo parlando. I concorrenti di Finmeccanica non sono scarpari di provincia, ma soggetti abituati a muoversi nel mondo e capaci di usare sistemi non sempre ortodossi. Fra questi rientrano il pagamento di commissioni ricche, ma anche l’azzoppamento dell’avversario per via giudiziaria.

Un sistema-paese funzionante (perché stiamo parlando d’interessi italiani) si difende in due modi: a. buttando subito fuori chi amministra male o violando le leggi, processandolo in tempo reale; b. evitando che il fango giudiziario, privo di sentenze, travolga chi avesse la colpa di non essersi piegato a interessi più forti. In tutto questo periodo non ho sentito, da parte di due governi, l’unica cosa che dovrebbero fare: difendere Finmeccanica. Dopo di che, io sono favorevole alla privatizzazione.

Ma non sono un ipocrita, quindi aggiungo che: 1. deve essere fatta all’opposto di come fu condotta quella (interessatamente dissennata) di Telecom Italia; 2. deve realizzarsi mantenendo il valore in Italia; 3. dopo averla fatta la sorte del gruppo resta un interesse nazionale. Non mi piacciono le nomine politiche e non mi stupisco del malcostume familistico (presente in tanti settori, mica solo qui), ma so qual è la cosa peggiore: la proprietà pubblica che decapita le aziende per asservirle a interessi privati, non necessariamente italiani. Film già visto e orrido, con tanto di truculenza giudiziaria.

Per queste ragioni, sebbene sia inutile scriverlo, le dimissioni di Guarguaglini sono una brutta pagina. Date nel modo e per la ragione sbagliati. Con la speranza di sbagliarmi.

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